Servono la piena sindacalizzazione della Polizia e un modello di sicurezza sociale, di sinistra ed inclusivo, dove la piazza torni ad essere luogo di confronto e non di scontro.
La vicenda dello stabile di via Curtatone a Roma è una brutta pagina nella gestione di piazza nel nostro paese: la Polizia non può sopperire all’assenza della politica, non può essere la risposta al disagio sociale, alla povertà e alla crisi economica. Condizioni sociali da affrontare nelle sedi istituzionali e con la forza della politica, non con quella degli idranti.
Lo stabile era illegalmente occupato da oltre quattro anni e la Prefetta ha individuato una pessima soluzione: l’invio della Polizia per fare “operazione di cleaning” (l’inglese per addolcire il significato di pulizia?) senza prevedere soluzioni alternative.
Le nuove direttive del Viminale vanno nella direzione giusta: restituiscono valore alle persone, fissano la priorità di soluzioni politiche a scapito della forza. Un cambio di rotta che conferma l’inopportunità di una decisione che non ha diviso solo una piazza ma l’intero Paese, che sui social ha mostrato il suo lato peggiore e trasformato il fisiologico fenomeno migratorio in invasione ed emergenza sociale.
La violenza di piazza è inaccettabile e va sempre condannata, così come la frase del funzionario di polizia che aveva una responsabilità delicatissima nella gestione dell’ordine pubblico.
La cronaca della giornata ha fatto emergere un altro problema: il corporativismo dei poliziotti, pronti a chiudersi verso le critiche rivolte all’operato del singolo e, con rari distinguo, a fare quadrato sulla frase del funzionario.
Un corporativismo che trova linfa nelle dichiarazioni dei politici di destra, sempre pronti alla solidarietà di facciata ma che, durante i loro governi, hanno operato il maggior taglio di risorse nella storia del ministero dell’Interno, disponendo il blocco dei contratti e delle indennità connesse alla difficile attività di Polizia.
A questo si aggiunge il limite di un panorama sindacale condizionato dai sindacati autonomi di Polizia che attraverso i social parlano alla pancia dei poliziotti, alimentano disagi e problematiche professionali e provocano la frattura nel Paese. Tutto senza il necessario contrasto del mondo sindacale d’ispirazione confederale, che aveva caratterizzato la riforma della Polizia del 1981, che sembra aver perso la propria spinta innovatrice, adagiatosi sulla insufficiente sindacalizzazione di categoria.
La deriva e il populismo di destra richiedono una Polizia meno corporativa e con una forte componente sindacale confederale capace di cogliere la differenza tra illegalità e povertà, tra violenza e disagio sociale, tra protesta e richiesta di aiuto.
Obiettivo realizzabile con la piena sindacalizzazione e con il rilancio di un modello di sicurezza sociale, di sinistra ed inclusivo, dove la piazza torni ad essere luogo di confronto e non di scontro, di rivendicazione dei diritti e non di negazione degli stessi.
Il mondo sindacale deve saper reagire, opporsi alle strumentalizzazioni politiche e impedire lo scollamento della categoria dalla società civile; occorre rilanciare la rivendicazione dei diritti, del rinnovo contrattuale e di una formazione più aderente alle mutazioni sociali del paese e alla sua multietnicità, arricchita da seminari su temi sociali con la partecipazione delle associazioni di settore.
La deriva di destra, il populismo e il corporativismo vanno contrastati ma il clima del paese non è dei migliori: anche i tragici eventi di Genova 2001, una delle pagine più antidemocratiche della nostra storia, furono preceduti dalla criminalizzazione della protesta e del movimento No Global. Oggi sembra riproporsi lo stesso schema con i social che alimentano la crescente campagna d’odio verso gli immigrati, iniziata con la paura del terrorismo islamico e proseguita poi sul fenomeno migratorio, che sta oscurando le altre criticità sociali facendole scomparire dal dibattito nazionale.
Le dinamiche culturali del paese influenzano le direttive impartite alle forze dell’ordine, la loro applicazione nelle piazze e la reazione dei cittadini al disagio sociale.
Occorre rilanciare i principi costituzionali che sono i pilastri della nostra democrazia, quei principi che caratterizzano l’azione quotidiana della Cgil e delle sue categorie, compresa quella dei poliziotti che hanno bisogno di un Silp Cgil protagonista di una stagione culturale dell’accoglienza, della sicurezza e della legalità.