Nella galassia Coop è diventata la stella più splendente. L’hanno battezzata Alleanza 3.0, non tanto per questioni tecnologiche, quanto per ragioni di marketing. Un nome smart, molto cool, per la fusione di tre storiche realtà della grande distribuzione organizzata: Coop Adriatica, Coop Estense, Coop Consumatori Nord-est. Il fiocco azzurro alla porta dei punti vendita è stato messo il primo gennaio 2016. Ma non è tutto oro quel che luccica. Giuseppina Ungaro, combattiva addetta dell’Iper di Brindisi racconta di aver saputo per caso, un fulmine a ciel sereno, che erano stati decisi 147 esuberi in Puglia. “L’amministratore delegato di Coop estense, Zucchelli, ha convocato una conferenza stampa per annunciare i tagli. Senza aver convocato i sindacati, senza aver aperto un tavolo di confronto, senza preoccuparsi delle conseguenze di una simile decisione”.
Coop Alleanza 3.0 è attualmente la prima Coop italiana per numero di punti vendita, 348 negozi, di cui 56 ipermercati. Un gigante. Alla vigilia della fusione i soci delle tre grandi cooperative di consumo erano circa 2.780.000, clienti abituali, tanto per capire quale possa essere il giro di affari di Alleanza 3.0. Gli addetti ammontavano a un totale di 22.000 persone impegnati a lavorare in 427 negozi. Dopo la fusione Alleanza 3.0 acquista anche tutta una serie di punti vendita centro-meridionali di Coop Tirreno. E ancora, a febbraio sigla un accordo con il Gruppo AZ per l’apertura di 34 negozi in franchising con il marchio Coop Master in Calabria. Infine nel maggio scorso viene programmata l’apertura di negozi a marchio Coop specializzati per animali dove sarà offerto anche un servizio di toilettatura. Di fronte a un autentico colosso in fase di ulteriore espansione, è facile capire come l’obbiettivo di avere corrette relazioni sindacali sia paragonabile al duello fra Davide e Golia. Ma Giusy Ungaro non è una delegata - Filcams Cgil - che si arrende facilmente. “Dal giorno dell’annuncio degli esuberi abbiamo protestato, chiesto spiegazioni, imposto una trattativa per salvare i posti di lavoro a rischio dei nostri compagni e delle nostre compagne. Alla fine non è stato licenziato nessuno. Ma salvare gli impieghi è stato tutt’altro che indolore. L’azienda ci ha chiesto in cambio una turnazione più faticosa, lavoro festivo pagato come quello feriale, lavoro notturno senza alcuna maggiorazione, e un dumping salariale all’interno di Alleanza 3.0: i lavoratori dei punti vendita del sud hanno condizioni economiche e contrattuali peggiori dei loro colleghi del nord. Non è giusto”. Il ‘do tu des’ dovrebbe essere a termine, fino al 2018. E se a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina, fra i delegati sindacali di Alleanza 3.0 si è fatta strada l’idea che il management aziendale cercherà in ogni modo di mantenere il dumping salariale e il peggioramento delle condizioni di lavoro. “Combattiamo da una vita le gabbie salariali, ma puntualmente spuntano sempre fuori”.
Ungaro è assunta a tempo indeterminato con un part time modulare. “Nella pratica sono 1042 ore annuali, che l’azienda suddivide a seconda delle sue esigenze”. Traduzione: agosto e festività si passano a lavorare nei punti vendita. “In cassa può capitare di avere turni spezzati - sottolinea Ungaro - con due ore di buco, che non ti permettono neppure di tornare a casa. Altro che part time, alle volte sembra di fare un triplo full time”. L’Ipercoop dove lavora come cassiera Giusy Ungaro è aperto tutti i giorni, dalle 9 alle 21, che diventano 21,30 in estate. Non c’è un giorno di chiusura. “Eppure non ha senso lavorare di domenica - osserva - vengono svilite le festività, si svuotano i centri storici, non si fanno restare i lavoratori a casa con i propri cari, e il gioco non vale la candela neppure per l’azienda. Però il management fa leva sul nostro bisogno di lavorare, che ci costringe anche ad accettare l’inaccettabile”.
Nell’Ipercoop di Brindisi dove lavora Giusy Ungaro ci sono ottanta addetti, con un’età media che oscilla fra i 40 e i 45 anni. “Io sono nella grande distribuzione da undici anni, prima Carrefour ora per Coop. Mi arrabbio con le mie colleghe quando dicono che una sigla sindacale vale l’altra. La Cgil è stato l’unico sindacato che si è battuto contro la manomissione della Costituzione, contro i voucher e anche contro il jobs act”. Certo, non è facile fare sindacato nell’Italia di oggi, dopo dieci anni di crisi, e con una ripresa ben più sulla carta che nella vita quotidiana. Così finisce che il sindacalista viene visto come il solito rompiscatole che mette dei paletti alla produzione è che quindi va isolato. Ma Giusy Ungaro conosce i diritti dei suoi compagni e compagne di lavoro e non ha alcuna intenzione di non farli rispettare. Lei non ha paura. Neanche di un gigante come Alleanza 3.0.