Mentre l’assalto di Israele a Gaza muove verso una fase sempre più straziante di morti e sfollamenti, le critiche interne alla gestione della crisi da parte del presidente Biden si vanno approfondendo. Stati in bilico critici come il Michigan – dove nelle primarie del 26 febbraio c’è stata una ben organizzata campagna per scrivere “Uncommitted” (neutrale) invece di votare per il candidato in carica – sembrano quasi perduti per i Democratici a novembre. Ma dopo i tentativi di vedere se i Democratici erano capaci di cambiare corso e trovare un candidato più adatto per la sinistra (spingendo Biden a ritirarsi dalla nomination), è chiaro che alle elezioni avremo una replica del 2020: Biden contro Trump.
Questo contesto presenta al movimento sindacale e alla sinistra uno specifico problema: come mobilitare l’elettorato democratico per mantenere la Casa Bianca (senza parlare di vincere in tutte e due le Camere del Congresso), e battere nuovamente Trump. Lasciateci essere chiari, Trump e il campo Maga “Make America Great Again” porterebbero qualche forma di fascismo alle nostre porte se dovessero tornare allo Studio Ovale.
La risposta ai problemi di mobilitazione per novembre del movimento sindacale e della sinistra può sembrare in qualche modo contraddittoria, ma noi crediamo che più alziamo il martellamento sul cessate il fuoco a Gaza, meglio staremo in novembre. La politica adesso chiede di salvare Biden dai suoi istinti neo-imperialisti e dalla catastrofe elettorale. Per conquistare giustizia per la Palestina, sconfiggere l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac), difendere “The Squad” (otto progressisti di colore eletti al Congresso) e resistere ai violenti attacchi del movimento Maga, dobbiamo fare qualcosa che molti di noi di fondo non vorrebbero fare: insistere sulla rielezione di Biden.
È ora di riconoscere seriamente che i lavoratori e il movimento sindacale del paese hanno troppo in gioco. In soli pochi mesi le elezioni presidenziali e il voto in collegi chiave per la Camera e il Senato decideranno il panorama politico per il mondo del lavoro dei prossimi quattro anni.
Alcuni membri del veramente pro-lavoristico Squad affronteranno le sfide delle primarie nei primi mesi di quest’anno. Gli sfidanti saranno probabilmente foraggiati dall’Aipac, a causa della difesa della Palestina da parte dello Squad. Non bisogna sottostimare Aipac: nel 2022 ha avuto successo nello sconfiggere il deputato Andy Levin del Michigan che era un forte sostenitore del mondo del lavoro. Il nostro primo compito quest’anno è di difendere gli eletti progressisti nelle primarie. Sono le loro voci (e voti) ad affiancarsi al senatore Sanders, che è stato il più altisonante nell’incalzare Biden su diversi temi di politica interna ed estera.
Nonostante tutti gli errori di Biden, se Trump e le sue legioni fasciste riprenderanno il potere sarà una pesante minaccia per il movimento sindacale: la democrazia rimarrebbe appesa ad un tenue filo, e la maggior parte delle significative acquisizioni attraverso il National Labor Relations Board (Nlrb) dell’amministrazione Biden sarebbero spazzate via.
Ad esempio, il sindacato ha a lungo richiesto il “card check”, cioè il riconoscimento delle firme raccolte nelle campagne di sindacalizzazione, un processo che consente ai lavoratori di acquisire il diritto alla contrattazione collettiva senza passare per l’infido campo minato delle elezioni vigilate dal Nlrb. Per generazioni i padroni antisindacali hanno sfruttato il processo elettorale Nlrb per dissuadere i lavoratori dal votare a favore della sindacalizzazione. Una recente norma di Biden verso il Nlrb (“Cemex”) fornisce ai lavoratori una strada per chiedere direttamente al loro padrone il riconoscimento, con forti penalità per i datori di lavoro che violano le corrette procedure. Anche gli avvocati avversi ai sindacati stanno già informando i loro clienti dei “nuovi pericoli” nelle loro aziende “libere” dal sindacato.
La decisione del Nlrb su Cemex è solo un esempio dei piuttosto notevoli “vantaggi” dell’amministrazione Biden sui diritti dei lavoratori. Soprattutto, secondo noi, le sue nomine al Nlrb e il ripetuto uso di forti posizioni pubbliche a sostegno dei lavoratori. Sul punto il noto giornalista Joshua Green ha segnalato: “Biden ha decisamente rotto con l’approccio laissez-faire verso le politiche industriali e del lavoro dei due ultimi presidenti democratici, Barack Obama e Bill Clinton. Invece ha abbracciato gli ideali popolari sostenuti dai democratici alla sua sinistra, come Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, con il governo federale che ha preso un ruolo diretto nel dare forma all’economia”.
L’impatto non va sottostimato. Il massiccio finanziamento dell’Inflation Reduction Act (Ira), dell’American Rescue Plan Act, e del Chips e Science Act sta pompando miliardi di dollari nell’economia nazionale, dando priorità alla creazione di posti di lavoro nella manifattura statunitense.
Il sindacato United Auto Workers (Uaw) ha condotto con successo uno sciopero contro i Big Three costruttori automobilistici: Ford, Gm e Stellantis (Fiat Chrysler). Shawn Fain, presidente Uaw, ha indossato una t-shirt con la scritta “Eat the Rich” denunciando i miliardari padroni delle aziende automobilistiche. Di più, ha denunciato lo sfigato tentativo di Trump di togliere la scena al sindacato con un patetico raduno nella sede di un fornitore non sindacalizzato.
Il paese ha visto Joe Biden essere il primo presidente a partecipare ad un picchetto di sciopero e a denunciare pubblicamente gli ingordi produttori automobilistici (https://www.nytimes.com/2023/09/26/us/politics/biden-uaw-strike-picket-michigan.html). Che meraviglia sentire i top executives piagnucolare e supplicare per la fine delle lotte sindacali!
Dopo il 7 ottobre
Il 7 ottobre Hamas ha lanciato uno spietato attacco terroristico in Israele, uccidendo circa 1.200 civili e prendendo oltre 250 ostaggi. Questo ha innescato una sproporzionata reazione di Israele: l’eccidio di oltre 31mila innocenti palestinesi, in maggior parte donne e bambini. La genocida invasione militare di Gaza è largamente armata e finanziata dagli Usa, che sono probabilmente l’unico potere mondiale che può imporre un duraturo cessate il fuoco umanitario. Finora Biden ha letteralmente e simbolicamente abbracciato il fanatico estremista di destra Netanyahu, e rifiutato di sostenere il cessate il fuoco. La posizione di Biden è in sprezzo all’opinione pubblica Usa e contraria alla logica politica, andando verso le presidenziali.
Gli eventi di ottobre mostrano il nostro dilemma. Come possiamo convincere gli elettori a sconfiggere Trump quando Biden persiste nel sostenere una missione criminale di politica estera? Ancora, rigettando Biden vogliamo consentire al fascista revanscista Trump di riprendere la Casa Bianca? Con Trump avremo di sicuro un estremo autoritarismo, una simile se non peggiore politica filoisraeliana, e un giro di vite contro il crescente movimento sindacale.
Fortunatamente, la stessa Uaw ha alzato la voce per sfidare Biden su Gaza. Uno dei momenti più intensi nella resistenza al finanziamento Usa del genocidio a Gaza è stata la conferenza stampa alla Casa Bianca lo scorso dicembre, dove la deputata Rashida Talib dello Squad ha dato l’onore dell’introduzione al presidente Uaw, Shawn Fain. Il sindacato di Fain ha già preso una posizione ufficiale e favore del cessate il fuoco. La lista dei sindacati che sostengono il cessate il fuoco cresce di giorno in giorno. Tra questi più di 200 sezioni e organismi sindacali, incluse principali federazioni quali National Education Association e Service Employees International Union.
Forse l’annuncio più sorprendente - e il più importante leader che dimostra lo spostamento di posizione nei confronti di Israele della dirigenza sindacale - è stato il tweet di Randi Weingarten, presidente dell’American Federation of Teachers (Aft) del 6 gennaio. Dato lo storico sostegno dell’Aft a Israele, il suo commento riflette il cambiamento di opinioni tra gli iscritti al sindacato, in particolare fra i giovani insegnanti.
Infine l’8 febbraio l’Afl-Cio ha detto la sua con un moderato comunicato sul cessate il fuoco: “L’Afl-Cio condanna gli attacchi del 7 ottobre di Hamas e chiede un cessate il fuoco negoziato a Gaza – inclusi l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi e l’approvvigionamento dei disperatamente necessari ripari, cibo medicine e l’assistenza umanitaria alla popolazione di Gaza – e riafferma il proprio sostegno alla soluzione dei due Stati per una pace e sicurezza di lungo termine”. Alla luce della storica compiacenza del sindacato verso la politica imperialistica Usa, qui c’è un altro sviluppo positivo per aiutare a condurre l’amministrazione lontano dal suo abbraccio a Netanyahu.
Molta dell’iniziale opposizione alla guerra è stata organizzata da una rete di attivisti sindacali molti dei quali si erano opposti alla guerra in Iraq. Con il sostegno inziale di sette sindacati nazionali e di 200 sezioni locali hanno formato il National Labor Network for Ceasefire, “per porre fine alla morte e alla devastazione” nella guerra Israele-Hamas. Ora la rete mira a espandere ulteriormente un sostegno senza precedenti alla richiesta di cessate il fuoco.
L’opposizione sindacale alla guerra a Gaza aiuterà o danneggerà Biden? Per il momento, mentre la pressione sindacale su Biden continua e crescere, i sindacati contrari alla guerra si muovono su due strade: pressare Biden per un cessate il fuoco, mantenendo al contempo la linea che la sua rielezione è necessaria per bloccare Trump dal prendere un controllo dittatoriale a gennaio del 2025. Già la pressione politica sembra avere qualche impatto. All’inizio di marzo la vicepresidente Kamala Harris si è pronunciata pubblicamente per un immediato cessate il fuoco. La nostra speranza è che gli sforzi del movimento sindacale su Gaza possano convincere Biden a cambiare il suo attuale corso, via da un potenziale suicidio elettorale.
(11 marzo 2023. Traduzione dall’inglese di Leopoldo Tartaglia)