Dal 19 al 24 febbraio scorsi a Kathmandu l’edizione 2024 del Forum Sociale Mondiale.
Kathmandu è una città tra le più inquinate al mondo, a causa della sua collocazione in una valle e dello sviluppo caotico del traffico: un costante susseguirsi di moto che zigzagano tra i pedoni, piccole vetture di marche coreane e cinesi e vecchi tricicli riconvertiti a taxi elettrici. Il paese, dopo una lunga guerriglia che ha spodestato la dinastia che nel ‘700 aveva unificato le città-Stato del piccolo territorio himalaiano, è oggi una repubblica federale democratica governata dal 2007 da un fronte di sinistra, che include marxisti-leninisti e maoisti e che ha collocato il paese in equilibrio tra Cina e India.
Superato il trauma del terribile terremoto del 2015 – oltre 8mila vittime – il paese ha ripreso a crescere a un tasso del 7-8% l’anno, trainato dal turismo e dalla ricostruzione. La privatizzazione dell’istruzione e della sanità, imposte dal Fondo monetario internazionale come condizionalità per gli aiuti, si riflette nel grande numero di cliniche, scuole private e agenzie per l’istruzione all’estero che proliferano nel centro di Kathmandu.
Kathmandu, con le sue contraddizioni, ha accolto migliaia di attivisti e attiviste – la presenza femminile è stata preponderante - provenienti soprattutto dall’Asia meridionale, grazie alla potente Federazione delle Ong del Nepal, che conta migliaia di membri e opera in tutti i settori quasi come un organo statale, e un forte anche se diviso movimento sindacale.
Questo di Kathmandu è stato soprattutto un forum continentale, con una massiccia partecipazione - gli organizzatori hanno contato oltre 20mila iscritti e un turnover di 50mila presenze - dal subcontinente indiano e dal resto dell’Asia, e presenze simboliche da Africa, Europa e America.
Il forum è stato organizzato in un parco nel centro della città, con grandi tendoni che ospitavano i seminari, una grande piazza fiancheggiata da piccoli stand che offrivano cibo, prodotti artigianali locali, spesso legati a progetti per potenziare l’autonomia economica delle donne, oltre a materiale informativo su attività e temi. Questa disposizione spaziale ha favorito lo scambio e l’incontro tra le persone che hanno affollato lo spazio, spostandosi da un seminario all’altro.
Sono stati tre giorni di intense discussioni con oltre 400 incontri su una vasta gamma di temi, molti dei quali legati alle lotte sociali. Nei seminari si sentiva parlare di grandi lotte popolari di pescatori, contadini, intoccabili, abitanti delle foreste e popoli nativi contro i processi che li emarginano nell’economia della globalizzazione, ma anche dei processi di affermazione delle destre e dei fascismi in Asia e in tutto il globo.
Il cambiamento climatico è stata una tematica molto presente. Qui il tema del riscaldamento globale non riguarda solo le politiche per evitare un ulteriore aumento della temperatura, su cui i movimenti sociali sono fortemente impegnati, ma è anche una questione di giustizia climatica che richiede il riconoscimento di un debito ecologico - l’industrializzazione occidentale ha provocato il riscaldamento – dell’Occidente verso il Sud globale.
Ricorrente anche la parola “colonialismo”, che emerge sistematicamente e in varie forme e sfumature in quasi tutti i dibattiti. Quello che l’Europa ha cercato di nascondere sotto il tappeto, fingendo di dimenticare da dove proviene la propria ricchezza, qui è ancora sul tavolo e attende di essere affrontato. Un esempio è stato il seminario sulla “Decolonizzazione dell’aiuto allo sviluppo”, a cui Un Ponte Per ha partecipato in preparazione di una campagna per la “Giornata della memoria delle vittime del colonialismo”.
“Non vogliamo aiuti ma riparazioni – è stato detto - dovete riparare i danni del colonialismo, ai quali si aggiungono quelli del debito climatico”. Una posizione radicale, soprattutto contro gli aiuti degli Stati e della Banca Mondiale. Ma anche le Ong occidentali non sono state risparmiate. Il Sud, almeno quello presente qui, è consapevole di non aver bisogno di lezioni dagli europei.
La guerra, invece, non è stata tra i temi più frequentati. L’impressione è che la guerra in Ucraina sia considerata in Asia una guerra “inter-bianca”, con un certo fastidio nei confronti di entrambi i contendenti, la Nato e la Russia. Gli sguardi si concentrano invece sul Mar Cinese Meridionale come luogo in cui si rischia lo scoppio della guerra globale, quella fra l’Occidente e la Cina.
Unanime è stata l'identificazione con la lotta del popolo palestinese contro l’occupazione. Si tratta di una solidarietà spontanea tra colonizzati, la bandiera più agitata in questo forum è stata quella palestinese.