Lo scontro sociale, politico e democratico in atto si vince o si perde nella società, nel paese reale, nella coscienza delle persone prima che nelle urne. Nella destra al governo troviamo il passato, non tanto nei gesti insulsi e nelle camicie nere ma nelle scelte sociali e politiche. È una destra anticostituzionale e classista, è l’elogio al capitalismo, al mercato, alla libera impresa, alla sacra proprietà privata. È disconoscimento delle rappresentanze sociali, del sindacato.
Non ci sono illusorie scorciatoie. Le sfide per il domani sono nei processi sociali ed economici globali di oggi: la Pace contro le guerre prima di tutto, i cambiamenti climatici, il riscaldamento, l’inquinamento e la penuria di acqua cui è responsabile il modello economico del quale quest’agricoltura fa parte, i flussi migratori, le diseguaglianze diffuse e la precarietà di vita e di lavoro di milioni di persone, donne e nuove generazioni.
La guerra in Ucraina ed a Gaza, la Cisgiordania a rischio di esplosione, lo scontro armato nel Mar Rosso, i bombardamenti Usa su Siria e Iraq sono incendi che vanno spenti, non alimentati. Si aggira il fantasma della guerra totale: un passaggio epocale per chi, in Europa, è uscito dalle macerie della Seconda guerra mondiale. Siamo al ritorno del “si vis pacem para bellum”. Troppi pazzi, a partire da generali tedeschi, inglesi e olandesi, stanno preparando l’“inevitabile” guerra mondiale tra pochi anni. Ma la guerra è sempre evitabile. Occorre intervenire sul piano diplomatico sulla pirateria nel Mar Rosso, sull’invasione dell’Ucraina, e per fermare il massacro del popolo palestinese.
La sinistra europea, socialdemocratica, liberale, non vede o asseconda ciò che sta avvenendo. Mentre avanza la recessione, l’Ue riavvia le fallimentari politiche di austerità. E invia altri 50 miliardi di euro all’Ucraina, invece di operare per il cessate il fuoco. Una scelta folle che favorisce solo i produttori di armi, alimenta una guerra per procura, produrrà ulteriore distruzione, sofferenze nella popolazione e morte tra altri 500mila riservisti. L’Ue ha comprato il consenso di Orban con il silenzio sulle sue carceri lager, sulla detenzione di Ilaria Salis, sulla mancanza di diritti e democrazia nel suo paese.
Insieme all’Ungheria, la Germania e la Francia hanno respinto vergognosamente la direttiva Ue per il riconoscimento dello stupro come reato.
Oltre alle atrocità, le guerre rendono insicuri gli scambi internazionali, dominati da poche grandi multinazionali. Il Canale di Suez rimane strategico. Il suo controllo è la ragione dell’intervento militare di Usa e Gran Bretagna contro gli Houthi, fondamentalisti religiosi che da nove anni controllano la capitale yemenita e gran parte del paese.
Un conflitto che potrebbe innescare la guerra di ordine mondiale, dentro cui l’Italia assume il comando tattico dell’operazione Aspides: siamo in guerra, contro la Costituzione e senza voto parlamentare? L’Occidente neocoloniale, il filoatlantismo bellicista di Ue e Italia ci stanno avviando verso il precipizio. Scelte scellerate di un capitalismo estrattivista che consuma il pianeta e brucia la speranza di un futuro migliore.
Lo scontro generale è ancora tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori. Lo si può vincere con la mobilitazione consapevole di milioni di persone, con una non breve quanto difficile lotta di classe. La “via maestra” intrapresa con le mobilitazioni di piazza va percorsa con coerenza ed efficacia, costruendo un ampio fronte sociale e politico per la Pace e la trasformazione sociale.
C’è bisogno della Cgil, unita e plurale.