Le piazze della speranza. La violenza di genere ci riguarda - di Giacinto Botti, Claudia Nigro

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In queste settimane la parte migliore della società ha riempito le piazze: lavoratrici, lavoratori, pensionate, pensionati, studenti, tante e tanti giovani e una combattiva marea di donne. Gli scioperi indetti da Cgil e Uil contro le politiche classiste, antidemocratiche e autoritarie di questo governo di destra, familista, oscurantista e bellicista, sono stati un segnale forte di consapevole partecipazione.

In piazza per restarci, per continuare la mobilitazione, per costruire un ampio fronte di opposizione sociale con al centro il lavoro, i diritti sociali e civili, il cambiamento radicale di un paese alla deriva nel mare burrascoso della crisi di sistema, delle guerre e tensioni internazionali, di una crisi climatica che pesa sul sistema industriale e sulle condizioni di vita e di lavoro. Non ci arrendiamo alla deriva democratica, sociale ed economica del paese.

Ancora in piazza per affermare i principi della Costituzione antifascista, per difendere il valore delle lotte e il diritto di sciopero. Per l’eguaglianza tra i sessi, le pari opportunità, il riconoscimento delle differenze, contro le violenze di genere che riguardano tutte e tutti, in particolare gli uomini. Per la Pace, contro il crimine della guerra dove le prime vittime civili sono i bambini e le donne, stuprate e uccise da uomini, vestiti da soldati o da terroristi.

Abbiamo riempito le piazze il 25 novembre, donne e uomini, desiderosi di esserci, sgomenti per il brutale assassinio di Giulia Cecchettin, l'ennesima delle tante donne assassinate da uomini che dicevano di amarle, vittime di una sottocultura patriarcale, di un’aberrante idea di possesso, di limitazione della libertà da parte del genere maschile.

La parità tra i sessi, l’uguaglianza e il rispetto delle donne vanno perseguiti nella società come nei luoghi di lavoro. Dobbiamo, insieme, promuovere e diffondere nei contesti organizzativi, sindacato compreso, l’inaccettabilità di ogni atto di discriminazione o comportamento che si configuri come molestia o violenza nei luoghi di lavoro, come previsto dalla Convenzione Oil 190.

La Cgil su questi temi ha attivato buoni anticorpi nello Statuto e nel Codice Etico. Ma non è sufficiente. Non basta il riequilibrio della rappresentanza, né riconoscere le compagne in ruoli dirigenti: deve cambiare il modello relazionale. Abbiamo ancora parecchia strada da fare per affermare la parità tra i sessi. Non siamo immuni dalle contraddizioni della società, dal maschilismo e dagli abusi di potere: anche in Cgil va conquistato che le donne non siano discriminate nei loro diritti e vengano ascoltate e riconosciute le loro denunce.

Bisogna che tutti gli uomini assumano la consapevolezza delle radici patriarcali della nostra società. Una società che si imbarbarisce. Sono 111 i femminicidi avvenuti in questo 2023 non ancora concluso, una strage, e aumenta la violenza nelle relazioni affettive, tra le mura domestiche e nella società. Per questo tante donne il 25 novembre hanno sventolato nei cortei le chiavi di casa come sonagli, trasformando sofferenza e dolore in lotta che non può essere silenziosa ma selvaggia e rumorosa.

L’uguaglianza dei generi, insieme alla sostenibilità sociale e ambientale, va conquistata anche nei luoghi di lavoro, dev’essere al centro delle rivendicazioni contrattuali per contrastare la precarizzazione del lavoro femminile, garantire un’adeguata collocazione nei livelli professionali, e retribuzioni giuste per superare il gap salariale.

Vanno rivendicati ambienti di lavoro sicuri e adeguati investimenti per riconoscere la diversità tra i sessi, garantendo alle madri di poter restare al lavoro, favorendo l’utilizzo dei congedi parentali, di riduzioni di orario a parità di salario, e prevedendo una maggiorazione dell’astensione facoltativa retribuita al 30% prevista dalla legge n.53/2000 per donne e uomini.

Per le vittime di violenza, oltre al congedo retribuito di tre mesi (art. 24 DL 80/2015) andrebbero aggiunti tre mesi di aspettativa. Come conquistato, dopo un’intensa trattativa, in alcune aziende del terziario. Serve una svolta strutturale non legata al singolo recinto aziendale che ne dia una valenza generale. Deve essere riconosciuto il lavoro di cura svolto dalle donne individuando contrattualmente strumenti di sostegno: permessi, orari articolati e flessibili, lavoro a distanza per affrontare problemi momentanei e mantenimento della propria mansione e professionalità dopo l’eventuale distacco dal lavoro. Occorre perseguire senza tolleranza abusi, molestie (l’Ue nel 2000 ha sancito essere vere e proprie discriminazioni), ed ogni forma di violenza fisica e verbale nei confronti delle donne e delle lavoratrici.

Ogni luogo di lavoro deve essere sempre più luogo in cui uomini e donne si incontrano, si rispettano e riconoscono nelle loro differenze; un luogo di solidarietà, di consapevolezza e di avanzamento culturale e civile dell’intera società.

 

Nel paese c’è bisogno della Cgil, unita e plurale, e della passione e della militanza delle donne e degli uomini che la fanno grande.

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