Argentina al ballottaggio tra peronismo e ultraliberismo fascistoide - di Vittorio Bonanni

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La follia al potere? E’ questo che il prossimo 19 novembre potrebbe accadere in Argentina qualora vincesse alle elezioni presidenziali Javier Milei, rappresentante della formazione ultraliberista e di estrema destra “La libertà avanza”, fautore del taglio di ogni tipo di sussidio statale – da lui rappresentato da una motosega che porta con sé in ogni comizio – della dollarizzazione e della cancellazione di alcuni ministeri tra i quali quello della sanità e dell’istruzione, oltre ad essere antiabortista e nemico della giustizia sociale. Un avversario di papa Francesco, da lui definito il “maligno”, noto per i suoi scatti d’ira ed altre amenità ai limiti del disturbo mentale.

Fortunatamente il nostro - che si era affermato nelle primarie dello scorso 13 agosto con il 30% dei consensi contro il ministro dell’economia Sergio Massa che aveva ottenuto solo il 21% - è stato inaspettatamente sconfitto al primo turno del 22 ottobre scorso proprio da Massa. Questi ha ottenuto il 36,68% dei voti contro il 29,98% del populista, che ha così mantenuto la percentuale conseguita nelle primarie.

L’interrogativo che molti si sono posti è come sia stato possibile che il titolare del dicastero dell’economia abbia potuto recuperare clamorosamente in un contesto caratterizzato da una pesantissima crisi economica che ha provocato un’inflazione del 138% su base annua e una conseguente forte svalutazione del peso (ne servono mille per fare un dollaro). Un quadro che si è aggravato quest’anno anche per la peggiore siccità che ha colpito il Paese negli ultimi cento anni, la quale ha ovviamente limitato drasticamente la crescita e le esportazioni della nazione di lingua spagnola più grande di tutto il continente.

La risposta di Massa è stata tutta interna al modello peronista, che ha più o meno garantito per decenni e con alti e bassi un’assistenza alla popolazione, comprese le classi più disagiate. Lo spiega bene Emiliano Guanella, ricercatore presso l’Ispi (Istituto studi politica internazionale) e residente in America Latina da decenni: “Nel giro di un mese dal dicastero dell’economia – segnala il ricercatore - sono arrivate una serie di misure anticrisi dal chiaro risvolto elettoralistico: aumenti delle pensioni e degli stipendi dei funzionari pubblici, due bonus speciali in busta paga obbligatori destinati ai lavoratori con redditi medio-bassi, aumenti dei diversi “planes sociales”, i redditi di cittadinanza di vario tipo assegnati dal governo, la devoluzione dell’Iva per centinaia di prodotti, l’innalzamento del minimo di reddito imponibile che ha salvato dalla tasse ben 800mila contribuenti”.

Una manovra che il Paese non poteva certo permettersi, visto il drammatico stato dell’economia. Una scelta elettoralistica che potremmo definire irresponsabile, la quale avrà eventualmente il merito di aver evitato al Paese l’uragano Milei. Le cui proposte sono state fortemente stigmatizzate da Massa. A partire dall’abolizione di ogni sussidio statale, a cominciare da quello ai trasporti pubblici per finire a quelli degli ospedali, delle scuole fino alla cancellazione degli assegni sociali. Un rischio grosso che correrebbe un popolo del quale ben 19 milioni dipendono dallo Stato, quasi la metà dell’intera popolazione.

Aggiungiamo, precisa Guanella, che “il 25% dell’elettorato si concentra poi nel Conurbano bonairense, l’immensa periferia della capitale, che è la regione con gli indici di povertà ed emarginazione più elevati del paese. Lì da sempre – dice Guanella - dominano i peronisti, con sindaci che sono in carica anche da quattro o cinque mandati consecutivi. È lì che Massa ha ottenuto quasi il 50% dei voti, una base granitica che gli permette di sopportare l’erosione dei consensi nei grandi centri urbani (la città di Buenos Aires, Cordoba, Mendoza) e nelle regioni rurali”.

Sono tutti elementi che giocherebbero a favore del candidato della formazione peronista Union por la Patria, sia pure in un contesto caratterizzato ancora da una forte incertezza. Infatti la distanza tra i due non è abissale, e dirimente sarà il sostegno nel nome dell’anti-kirchnerismo dall’esponente della destra moderata Patricia Bullrich, vicina all’ex presidente Mauricio Macri, arrivata terza con il 23% dei consensi.

 

Dal canto loro i massimi dirigenti dell’Unione Civica Radicale, formazione espressione della sinistra più moderata e della Coalizione civica, di area progressista, hanno detto che non appoggeranno né Massa né Milei, anche se bisognerà vedere come si comporterà il loro elettorato di fronte al rischio di ritrovarsi un folle fascistoide e ultraliberista alla guida di un Paese che non riesce a trovare pace malgrado le grandi risorse di cui dispone, ma troppo spesso guidato da politici improbabili.

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