Pensieri per Giuliano Montaldo - di Mina Cilloni

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Vorrei ricordare Giuliano Montaldo, scomparso lo scorso 6 settembre all’età di 93 anni, raccontando l’esperienza personale (e collettiva) vissuta con lui e l’inseparabile moglie Vera alla metà degli anni ’90.

Nel ‘94 sono entrata nella segreteria dello Spi di Reggio Emilia, dove mi erano stati assegnati gli incarichi del Coordinamento Donne, della Memoria e della contrattazione sociale. Il lavoro del Coordinamento Donne si è intrecciato moltissimo con la Memoria. Erano anni in cui il rapporto con i ragazzi delle scuole era occasionale, legato soprattutto al 25 Aprile. L’Anpi fece un lavoro encomiabile di narrazione della Resistenza e delle storie di partigiani del nostro territorio. Le grandi assenti erano (e rimangono) le Donne. Avevamo solo gli “eroi” al maschile.

Abbiamo allora tentato di dare volto, storie alle donne partigiane, alle staffette, con un convegno svoltosi al Museo Cervi sul ruolo delle donne nella Resistenza. Volevamo affrontare anche il tema dell’affettività e di come le staffette, le partigiane venivano vissute, sia da una parte della popolazione ma anche da chi viveva la Resistenza: le Donne venivano considerate “puttane”. Mai si è tenuto conto del ruolo decisivo delle donne: la cura, l’accoglienza, il loro mettere a repentaglio la vita, il lavoro e, finita la guerra, il loro ritessere, nei paesi distrutti, le relazioni e la ricostruzione di affetti.

È stato facile proporre il film “L’Agnese va a morire” di Giuliano Montaldo. È stato facile il rapporto con lui, è stato semplice trovare la sua disponibilità a lavorare con i ragazzi nelle scuole. Non voglio parlare del regista e della sua arte - non sono in grado di farlo - ma il ricordo mi porta all’uomo che ho conosciuto, con gli occhi sempre sorridenti, al suo entusiasmo che condividevamo come adolescenti, al suo interesse per gli incontri realizzati con i ragazzi, le ragazze che incontravamo nelle scuole, e a Vera la sua compagna da e per sempre.

È stato in quel tempo che abbiamo saputo che il film che tanto amavamo aveva bisogno di un restauro, e l’abbiamo fatto con l’aiuto della Cgil e dello Spi di Reggio Emilia e con la Cineteca di Bologna.

Siamo state con Giuliano e Vera a Comacchio nelle zone dove sono state girate le scene del film, … un “codazzo di donne” (i coordinamenti donne di Reggio Emilia e di Ferrara, se non ricordo male) che lo seguivano incantate dalle sue narrazioni e dal suo potente sorriso.

Giuliano, uomo e compagno. Grazie per la tua arte, grazie per il tuo impegno civile e sociale, grazie per avere trattato, in tempi così lontani, storie di donne, omosessuali e figure “fragili” che sono gli “eroi” di oggi. Uno slogan di anni fa dello Spi diceva: “Liberi, ribelli, resistenti”. Noi oggi siamo ancora fatte e fatti così.

Ciao Giuliano.

 

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