Ma l’Italia non dovrebbe ripudiare la guerra? Il conflitto russo-ucraino sta andando avanti da più di un anno, il cessate il fuoco è ancora lontano, e la diplomazia latita. Ci rivolgiamo a Gaetano Azzariti, costituzionalista della Sapienza di Roma, per capire a che punto è la notte, quanti altri morti, sofferenze e devastazioni dovranno accadere prima che a parlare non siano solo le armi.
Professore, andiamo subito al cuore del problema: inviare armi all’Ucraina è una violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione? Ci rende o no cobelligeranti?
Non è solo l’articolo 11 a scrivere, in modo molto chiaro, che l’Italia ripudia la guerra. Direi piuttosto che l’intero sistema costituzionale ha un animo pacifista. L’articolo 11 parla di pace, non di guerra, viene invocato invano quando si parla dell’invio di armi. L’articolo 52 piuttosto, quello che viene considerato il più ‘guerriero’, mettiamola così, recita che la difesa della patria è un sacro dovere. Un dovere dei cittadini però. E quindi la guerra inevitabile è quella difensiva. Insomma, se fossimo invasi da truppe straniere, allora ecco che scatterebbe l’obbligo di difendere, anche con le armi, il terreno patrio. Poi voglio ricordare che esiste una procedura, stabilita dalla Costituzione, per la dichiarazione di guerra. Naturalmente si sta parlando di guerra di difesa. Ci sono tre articoli, il 78, l’87, il 60: dicono sostanzialmente che la dichiarazione di guerra è deliberata dal Parlamento nazionale, la dichiarazione formale di guerra è deliberata dal capo dello Stato, e il Parlamento in caso di guerra conferisce i poteri necessari al governo. Poi in caso di guerra si proroga la durata delle Camere, perché in guerra non si possono fare elezioni. E c’è tutto un meccanismo che, giustamente e per fortuna, non è stato attivato. A dimostrazione del fatto che noi non dovremmo essere in guerra. Siamo di fronte a un tema tutto politico, che è la guerra per procura. Noi non andiamo in guerra fino ad ora, però in qualche modo favoriamo la guerra di altri, la guerra degli ucraini.
Insomma, non esistono disposizioni costituzionali che impongano la difesa di patrie altrui. Eppure i pacifisti vengono accusati di non stare dalla parte dell’aggredito, o peggio di ‘tifare’ per l’aggressore, accusati di essere filoputiniani.
Anche nello spirito dell’articolo 52, non c’è dubbio che il popolo ucraino debba resistere in armi. È espressione di un diritto medioevale che è, appunto, il diritto di resistenza. Non solo, la stessa Carta dell’Onu, articolo 51, parla chiaramente di diritto all’autodifesa individuale e collettiva, e legittima la resistenza in armi dell’Ucraina. Non ho neppure dubbi su chi sia l’aggressore e chi sia l’aggredito. La Carta dell’Onu dice chiaramente che i membri, tutti i membri dell’organizzazione, devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite. Quindi qualunque sia la causa, qualsiasi cosa sia accaduta nel Donbass, dove Putin sostiene di essere intervenuto per difendere il territorio, non è una giustificazione per il diritto internazionale. Lo ripeto: è chiaro chi è l’aggredito e chi l’aggressore. Gli ucraini si devono difendere e l’aggressore è la Russia. La Carta dell’Onu dice però anche quale è l’obbligo dei paesi non belligeranti: noi, l’Europa, gli Stati Uniti e via di seguito. Devono, anzitutto, perseguire una mediazione tramite negoziati. Quindi noi veniamo meno alla Carta dell’Onu, e direi anche allo spirito della nostra Costituzione. Dovremmo comportarci come in questo momento nel mondo fa soltanto Papa Francesco.
Sembra che Papa Francesco sia l’unico a chiedere il cessate il fuoco, l’apertura di reali trattative e lo stop al riarmo. Un capo di Stato estero che rispetta la nostra Costituzione, un unicum.
Abbiamo ormai assunto lo spirito della guerra. E in guerra ci sono gli amici e i nemici. Anche nel nostro dibattito pubblico c’è questa tendenza, ci si divide tra amici dell’Ucraina e nemici dell’Ucraina quindi filorussi. Non è proprio la dimensione della pace. L’Onu deve garantire la pace e la giustizia fra le nazioni, questo è il punto. Poi ci sono le condanne. Io sono un antiputiniano viscerale, nel senso che ritengo che a Mosca ci sia un’autocrazia. Non ho alcuna intenzione di difendere i regimi. Ma tendo a distinguere fra i regimi politici e le ragioni della pace. Anche in altri teatri di guerra bisogna distinguere questi due livelli. Di fronte alla guerra diffusa, se non dichiarata, ai curdi in Turchia, io voglio la pace nelle regioni aggredite dai turchi, e il mio giudizio su Erdogan è un giudizio politico che non ho difficoltà a dare. Non mi piacciono gli autocrati e non ho difficoltà a formulare una condanna. Ma la dimensione della pace opera su piani internazionali, dividersi tra filo americani e filo russi non ha senso. Ha senso sul piano geopolitico, non lo ha per ricerca della pace che deve essere perseguita da tutti. Pensare che una pace giusta possa essere stipulata dai due soggetti contendenti, uno dei quali fra l’altro possiede le armi nucleari, è un paradosso. La pace è responsabilità di tutte le potenze, l’Italia e l’Europa, l’America, la Cina, l’India ….”.
L’Europa non poteva fare di più per la la pace fra Russia e Ucraina?
L’Europa doveva assolutamente farlo, oltre che per ideali anche per biechi interessi economici. Perché una cosa è certa, se si determinerà quell’asse che si intravede se dovesse proseguire lo scontro fra Occidente e Oriente, un asse che raggruppasse la Russia, la Cina e l’India da un lato, e dall’altro i paesi della Nato, certamente l’Europa verrebbe schiacciata in mezzo fra queste due superpotenze. Ripeto, oltre che per nobili ragioni ideali, anche per interessi geopolitici l’Europa dovrebbe agire per la pace, puntando su un sistema multipolare, non monopolare o bipolare”.
I generali sono più realisti dei governanti, da tempo stanno dicendo che non può esserci una vittoria sul campo, né dall’una né dall’altra parte.
I generali si rendono conto di quella che è la situazione sul campo. Noi ce ne rendiamo conto poco, un po’ per colpa nostra perché chiudiamo gli occhi, un po’ perché non ci fanno vedere quello che succede davvero. Le devastazioni delle guerre dovremmo conoscerle, almeno dai libri di storia, e questo ci dovrebbe assai preoccupare. Soprattutto oggi, visto che, lo ripeto, stiamo giocando con il nucleare. Un gioco molto pericoloso. Tra le cose che mi hanno colpito, forse per sminuire la devastazione provocata dall’uso di queste armi micidiali di distruzione, c’è la distinzione che ora viene fatta fra il nucleare e il nucleare tattico. Insomma è come dire che non arriviamo all’apocalisse mondiale, solo a una piccola apocalisse circoscritta a poche città ucraine. Mi sembra che Hiroshima e Nagasaki ci abbiano insegnato poco”.
Le manifestazioni per la pace vanno avanti. Sono degli inguaribili romantici i pacifisti che hanno affollato le piazze e anche la marcia straordinaria Perugia Assisi?
Sono essenziali le manifestazioni per la pace. Come si dice, fai quel che devi, poi succeda quel che succeda. In ogni caso la guerra finirà con la pace, perché qualcuno vincerà. Invece la giustizia fra le nazioni deve essere il frutto della ragione. Una ragione da imporre con un tavolo di trattative. Quindi non voltarsi dall’altra parte, ma lavorare a una conferenza internazionale di pace. Perché poi la storia ci insegna che le guerre si concludono con trattati di pace. Un passaggio molto delicato, visto che abbiamo avuto trattati che sono stati solo tregue. Versailles, dopo la prima guerra mondiale, ha portato ad atti che hanno preparato lentamente la seconda guerra mondiale. La Costituzione e anche la Carta dell’Onu, in combinato disposto, imporrebbero ai non belligeranti l’obbligo di far cessare la guerra. Io credo che ci sia solo un modo per dare seguito allo spirito pacifista della Costituzione, al ripudio della guerra e alla carta dell’Onu: indire una conferenza internazionale di tutti gli Stati, come fu fatta ad Helsinki, per imporre la pace”.