La Cop27 si è conclusa in Egitto domenica 20 novembre. I negoziati alla fine hanno prodotto un accordo al ribasso. La decisione finale, lo “Sharm el-Sheikh Implementation Plan”, è priva di ambizioni, manca l’impegno concreto per un’uscita sicura e sostenibile dai combustibili fossili.
È stato introdotto il principio della creazione di un fondo finanziario specifico per le perdite e danni, anche se ancora da concordare. È un segnale positivo di responsabilità per risarcire e garantire giustizia sociale per tutti quei paesi in via di sviluppo e per i piccoli paesi insulari, che non hanno alcuna responsabilità storica e un’irrilevante responsabilità attuale in termini di emissioni, ma sono quelli più drammaticamente colpiti dal cambiamento climatico.
Le risorse per affrontare le emergenze e la ricostruzione sono essenziali ma non fermano la morte, la distruzione e le catastrofi che il cambiamento climatico sta progressivamente causando. Lo vediamo anche in questi giorni con quanto è successo ad Ischia.
Per questo il fondo “loss and damage” deve essere affiancato da misure urgenti e radicali di mitigazione e adattamento. Su questi versanti la decisione finale della Cop27 non fa alcun passo in avanti. La decisione conferma l’impegno dell’Accordo di Parigi del 2015 di contenere l’aumento globale della temperatura media ben al di sotto di 2° C, proseguendo gli sforzi per limitarlo a 1,5° C, riconoscendo che questo ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico. Sottolinea che la situazione geopolitica globale, e il suo impatto sulla situazione energetica, alimentare ed economica, non dovrebbe essere usata come pretesto per fare marcia indietro o depotenziare l’azione per il clima.
Sappiamo però che siamo molto distanti dall’obiettivo. C’è un divario enorme tra l’effetto aggregato degli impegni assunti dalle parti (Ndc) e l’obiettivo dell’Accordo di Parigi: se non aumenteranno gli impegni, l’incremento delle temperature sarà fra i 2,1 e 2,9° C. Non è stata recepita nemmeno la raccomandazione dell’Ipcc di raggiungere il picco di emissioni nel 2025.
Sulla crisi energetica la decisione finale riconosce l’urgenza di accelerare la transizione, ma poi non assume impegni adeguati: incoraggia solo gli sforzi per eliminare gradualmente il carbone e i sussidi inefficienti ai combustibili fossili, ma non parla di eliminare anche il petrolio e il gas. La presenza ai negoziati di oltre 600 lobbisti dei combustibili fossili, insieme ai paesi produttori di gas e petrolio, ha evidentemente portato dei risultati.
Anche sul versante dell’adattamento il documento non fa passi in avanti. I paesi in via di sviluppo, durante la conferenza, hanno fatto presente che 100 miliardi di dollari - peraltro mai versati - sono irrisori considerato che recenti studi stimano fra i 6mila e gli 11mila quelli necessari da qui al 2030 per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni su cui si sono impegnati.
La Cgil ha espresso un giudizio decisamente negativo sulle conclusioni della Cop27. Il fallimento sul versante della mitigazione è inaccettabile, così come era inaccettabile chiudere gli occhi sul tema del rispetto dei diritti umani, motivo per cui non abbiamo partecipato alla conferenza sul clima presieduta dall’Egitto. Non possiamo accontentarci di finanziare un fondo per riparare i danni, dobbiamo investire per accelerare la decarbonizzazione in tutti i settori economici, e per migliorare la nostra capacità di adattamento ai cambiamenti già presenti.
La mancanza di ambizione climatica della Cop27 è la stessa che caratterizza l’inazione del governo italiano, e non solo dell’ultimo, per la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico. L’Italia è un paese fragile dal punto di vista idrogeologico, e questa fragilità è aggravata dal cambiamento climatico in atto che aumenta la frequenza e l’intensità di alcuni eventi atmosferici.
I cambiamenti climatici sono un acceleratore del rischio per molti ambiti dell’economia e della società. Il rapporto del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc) del 2021 evidenzia che, nel periodo 1999-2018, per l’intero Paese, la probabilità del rischio meteorologico estremo è aumentata di circa il 9%, rispetto ai 20 anni precedenti (1979-1998). Eppure, anche di fronte alla distruzione e alla perdita di vite umane, non si apre mai una seria riflessione sulla stretta connessione fra quello che è successo e il cambiamento climatico, fra le scelte di politica industriale ed energetica e le conseguenze a livello globale ma anche locale.
La mancanza di ambizione della Cop27 e del governo italiano è positiva solo per le lobbies e i poteri forti che difendono il sistema insostenibile che ci condanna alle crisi di questi anni: sociale, climatica, economica, sanitaria, guerre, disuguaglianze. Per noi un ulteriore monito nel nostro impegno per la giusta transizione, la giustizia climatica e sociale.