L’Italia s’è destra - di Riccardo Chiari

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Il trentennio berlusconiano si chiude con la vittoria alle elezioni della trimurti inventata nel 1994 dal cavaliere, la coalizione tra Forza Italia, Lega Nord e Alleanza Nazionale, oggi Fratelli d’Italia. Complice il gigantesco conflitto di interessi che ha progressivamente portato il settore nevralgico della informazione e della comunicazione, soprattutto televisiva, ad operare a sostegno delle pulsioni più conservatrici del paese, questo periodo si chiude ancora con il successo della destra, incarnata oggi da Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Osserva Gaetano Lamanna sul manifesto: “Aldilà delle scaramucce sulla spartizione degli incarichi ministeriali, non c’è dubbio che siamo in presenza di uno spostamento culturale e politico profondo nella società italiana, di una ‘rivoluzione conservatrice’, che non significa ritorno al passato, ma il tentativo di dare un assetto nuovo al sistema di governo, rompendo gli equilibri istituzionali, economici e sociali costruiti durante il lungo ‘compromesso socialdemocratico’”.

L’obiettivo del nuovo governo è la trasformazione dell’Italia da costituzional-resistente in costituzional-presidenzialista. Accentuando al tempo stesso le spinte localiste care alla Lega – ma anche al Pd dei governatori Bonaccini e Giani – con quella “autonomia differenziata” che sarà esiziale per le fasce più povere della popolazione, e per lo stesso concetto di uguaglianza dei cittadini verso lo Stato.

Non cambieranno però le politiche liberiste degli ultimi ultimi trent’anni. “Il governo Meloni è in linea di continuità con quello precedente di Draghi sulle politiche infrastrutturali ed energetiche”, hanno subito denunciato i giovani di Fridays for Future ed Extinction Rebellion. E ben più del lessico usato per cambiare i nomi di alcuni ministeri, è allarmante che, in politica estera, sia Meloni che il nuovo ministro degli esteri Tajani abbiano subito ribadito fedeltà a Usa, Nato e Ucraina. Al partito della guerra.

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