Carovita. L’autunno del nostro scontento… - di Gianfranco Francese

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Parafrasando il titolo di un celebre romanzo di Steinbeck del 1961 “L’inverno del nostro scontento”, l’autunno si presenta sotto pessimi auspici, da diversi punti di vista.

La vittoria elettorale della destra, resa possibile dalla sconcertante incapacità del principale attore progressista di costruire un “campo largo” antifascista, aggiunge alla drammatica congiuntura economica del paese la fondata preoccupazione che l’impatto sociale del vertiginoso aumento dell’inflazione si scaricherà, come sta avvenendo, sulle persone con redditi medio bassi da lavoro o da pensione, e quelle in situazioni di forte fragilità sociale.

Per queste ragioni, a seguito della pubblicazione del dato preliminare sull’inflazione di settembre dell’Istat che si attestava tra 8 e 9%, Ires Toscana ha dedicato uno studio alle “Prime stime dell’impatto dell’inflazione sui salari dei lavoratori dipendenti e sui redditi medio bassi in Toscana”.

Ciò che è emerso dallo studio è proprio l’effetto asimmetrico di questa tipologia di iperinflazione importata e causata dalla guerra che, in splendida solitudine, avevamo evidenziato anche nei rapporti di aprile e luglio 2022, al punto da titolarne uno “Finchè c’e guerra non c’è speranza!”.

Non siamo infatti di fronte ad un’inflazione da consumi, bensì ad un aumento incontrollato delle bollette energetiche, avviato verso la fine del 2021, che è letteralmente esploso con l’invasione dell’Ucraina e le successive sanzioni contro la Russia, che hanno messo in crisi in termini sia di approvvigionamento che di costi tutti i paesi dell’Ue interni alla Nato, con diversi gradi di difficoltà determinati dalla solidità economica e finanziaria di ciascun paese.

Siamo di fronte ad un conflitto agito e dichiarato sul terreno militare tra Russia e Ucraina, con il sostegno della Nato, su cui faticano ad affermarsi voci e movimenti per il cessate il fuoco con l’apertura di un vero negoziato. E ad un conflitto agito e non dichiarato sul piano economico degli Usa contro l’Unione europea, che vede gli uni risollevare la propria bilancia commerciale grazie al pieno rilancio del proprio complesso militare-industriale ed alla vendita di gas sintetico di pessima qualità ai paesi europei; e vede gli altri, cioè noi e buona parte dei paesi dell’Ue, sprofondare in una crisi economica e sociale drammatica che mette in discussione filiere industriali, posti di lavoro e livelli di vita dignitosi per la maggioranza delle persone.

La messa in discussione di condizioni di vita dignitose per milioni di persone è, del resto, una realtà già esistente in Italia, confermata in questi giorni anche dal rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale che conferma l’aumento del numero di famiglie in povertà assoluta pari a quasi il 10% della popolazione residente, con un’incidenza più forte nelle regioni meridionali.

L’incalzare negli anni delle diverse crisi, a partire da quella finanziaria del 2008 fino a quella determinata dalla pandemia ed ora a questa della guerra in Europa, hanno determinato un processo di “meridionalizzazione” del tessuto economico ed occupazionale anche della Toscana, con un forte aumento della precarietà del lavoro e dei cosiddetti “working poors”.

In questo contesto di forte depauperamento lo studio di Ires Toscana evidenzia, numeri alla mano, che questa spirale inflazionistica colpisce soprattutto i ceti medi e le famiglie a basso reddito, perché colpisce più duro sui beni di consumo insopprimibili, beni di prima necessità per antonomasia: bollette dell’energia, sia utenze domestiche che costi della mobilità, e generi alimentari.

Sommando l’erosione di potere d’acquisto dei salari - circa 1.900 euro medi per lavoratore dipendente confrontando settembre 2022 su settembre 2020 - all’aumento medio dell’energia (luce e gas) stimato per famiglia per lo stesso periodo in 1.560 euro (+116%) ed all’aumento medio del 10% dello scontrino alimentare, emerge in modo drammatico su quali classi sociali si stia scaricando il peso economico ed umano di questa pesante congiuntura economica.

A ciò si aggiunga la scelta irresponsabile della Bce che ha inaugurato una nuova stagione di aumento dei tassi d’interesse del costo del denaro, seguendo pedissequamente le scelte della Federal Reserve, con un effetto depressivo sulla domanda interna: consumi, attività produttive e investimenti. 

Una misura che determina, secondo le simulazioni, un incremento dei tassi d’interesse sui mutui che porterà ad un aumento delle rate mensili di oltre 200 euro.

Una scelta che va nella direzione opposta a misure espansive anticicliche, ora più che mai necessarie per evitare lo scenario peggiore per l’economia, la stagflazione, combinato di alta inflazione e bassi consumi.

Ci aspetta un inverno molto rigido...da molti punti di vista. A noi resta la voglia e la capacità di “scaldarlo” a partire dal 5 novembre, per chiedere, contro la programmata cacciata nella disperazione di milioni di persone, subito pace, reddito e salario, lavoro e diritti!

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