Precarietà e bassi salari. L’analisi della Fondazione Di Vittorio - di Sinistra Sindacale

Stella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattivaStella inattiva
 

Continua il meritorio lavoro di analisi della Fondazione Di Vittorio sull’evoluzione dei salari e dell’occupazione nel nostro Paese. Recentemente è stato diffuso il rapporto “Salari e occupazione in Italia nel 2021. Un confronto con le principali economie dell’Eurozona”, a cura di Nicolò Giangrande.

“Da questa nostra ricerca – evidenzia il rapporto - emerge per l’Italia un preoccupante quadro salariale che nel 2021 registra un peggioramento delle divergenze rispetto alla Germania, Francia ed Eurozona. Sul livello del salario lordo annuale medio italiano incide sia la forte discontinuità lavorativa che la maggiore presenza delle qualifiche più basse”. In altre parole, quella che il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha ripetutamente definito “pandemia dei salari” deriva dalle caratteristiche fondamentali del mercato del lavoro come risultato di un “sistema produttivo con bassa propensione all’innovazione, e orientato a guadagnare competitività attraverso la riduzione dei costi di produzione, soprattutto tramite la compressione salariale, in particolare nelle micro e piccole imprese collocate in settori a basso valore aggiunto”.

La precedente ricerca sull’occupazione e i salari della Fondazione Di Vittorio, sul 2020, riscontrava la diminuzione del salario medio annuale lordo registrata nel primo anno della pandemia nell’Unione europea. L’attuale rapporto, basato sui più recenti dati statistici relativi alla massa salariale e agli occupati pubblicati dall’Eurostat, e sui dati fiscali del ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), aggiorna al 2021 il quadro salariale e occupazionale italiano, confrontandolo con le altre principali economie dell’Eurozona.

Dall’analisi dei dati relativi al 2021 risulta un aumento del salario lordo annuale medio rispetto al 2020 più marcato in Italia, anche perché nel primo anno della pandemia il nostro Paese aveva sofferto la maggiore diminuzione. Ma, pur osservando un recupero rispetto al 2020, confrontando il salario lordo annuale medio del 2021 con quello del 2019, risulta come il divario salariale tra Italia, da una parte, e Francia e Germania, dall’altra, si sia ulteriormente ampliato: la differenza con il salario francese è aumentata da -9.800 euro a -10.700 euro e con quello tedesco da -13.900 euro a -15.000 euro.

Confrontando il 2021 con il 2019 si osserva come la Spagna e l’Italia non abbiano ancora recuperato il livello salariale medio precedente la pandemia, mentre in Francia, in Germania e nella media dell’Eurozona l’aumento è stato del +2,0% od oltre.

“La stagnazione dei salari reali che affligge l’Italia da decenni può essere letta anche attraverso la differente composizione della forza lavoro occupata – prosegue il rapporto della Fondazione - che, a differenza delle altre principali economie europee, si caratterizza per una maggiore partecipazione dei segmenti meno qualificati e per una ridotta presenza delle professioni più qualificate”. La percentuale delle occupazioni non qualificate è pari al 13,0%, nettamente sopra la quota registrata in Germania, in Francia e nell’Eurozona e poco sotto quella spagnola.

Incide moltissimo, inoltre, la precarietà. Nel 2021, la quota di dipendenti a termine ha raggiunto il 16,6% (più bassa solo di quella spagnola) e la percentuale di occupati a part-time involontario sul totale degli occupati a tempo parziale si è attestata al 62,8%, superiore rispetto agli altri Paesi europei e alla media dell’Eurozona.

Infine, dall’analisi dei dati fiscali delle ultime due dichiarazioni dei redditi pubblicate dal Mef, emerge una diminuzione rispetto al 2020 di oltre 185mila lavoratori che hanno dichiarato soltanto redditi da lavoro dipendente (o associato a reddito da fabbricati/terreni). Nel 2021, inoltre, più di un dipendente su quattro (oltre 5,2 milioni, pari al 26,7%) ha dichiarato meno di 10mila euro, e quasi tre su quattro (circa 14,4 milioni, pari al 73,2%) fino a 26mila euro, cioè meno del salario lordo annuale medio del 2020 (pari a 27.900 euro).

“Tutti questi elementi – osserva il rapporto - segnalano la necessità e l’urgenza di affrontare la questione salariale insieme al tema della qualità dell’occupazione”. La diffusa e crescente precarietà ad aprile del 2022 (dati Istat) ha toccato la drammatica quota di quasi 3,2 milioni di occupati a termine, la più alta mai registrata dal 1977.

È evidente – secondo la Fondazione Di Vittorio - come siano fondamentali interventi che riducano il numero di contratti non standard e ne limitino l’utilizzo, ridando finalmente centralità al contratto a tempo indeterminato e all’occupazione stabile. Inoltre è indispensabile un intervento di politica economica e industriale che punti ad aumentare la qualità dell’occupazione attraverso la creazione, diretta ed indiretta, di posti di lavoro stabili e di qualità, a partire dai settori a più alto valore aggiunto.

©2024 Sinistra Sindacale Cgil. Tutti i diritti riservati. Realizzazione: mirko bozzato

Search