“Da sempre l’uomo trae esperienza dal passato per comprendere meglio il presente”. È con questa idea che, nella provincia di Barletta Andria Trani (Bat) e non solo, ci si sta organizzando per creare una rete di archivi e biblioteche diffuse su tutto il territorio.
La Cgil Puglia e il Centro studi e archivio storico dedicato a Rita Maierotti, maestra, antifascista, sindacalista tra le fondatrici dell’Udi (per i più giovani, Unione Donne Italiane) vogliono dare il giusto valore alla nostra storia curando il patrimonio artistico, fotografico e bibliotecario, garantendone la consultazione.
In questo progetto, nel territorio della Bat è stata individuata la sede della vecchia Camera del Lavoro del comune di Minervino Murge. Minervino Murge è, come dice il suo nome, adagiato a seicento metri dal livello del mare, un comune di poco più di ottomila abitanti che sta vivendo lo spopolamento, come tanti altri comuni dell’entroterra.
I giovani appena possono vanno via a cercare lavoro lontano, seguendo le orme di parenti che negli anni Sessanta sono emigrati con le valige di cartone per andare a lavorare nelle fabbriche del nord, a cominciare dalla Fiat. Minervino è stato un comune che, negli anni delle lotte per la terra, ha visto i braccianti battersi duramente per uscire dalla miseria che li attanagliava. Come tutti i comuni pugliesi, dal più piccolo al più grande, aveva e ha la sua Camera del Lavoro comunale, per tutti semplicemente “Il sindacato”.
Per accedere alla Camera del Lavoro, situata in una stradina del centro storico, bisognava avere le gambe forti e anche un bel fiato. Infatti bisognava affrontare una scala ripida e anche con molti gradini, ma per i minervinesi affrontarla pare non sia mai stato un dilemma. Specie se, dopo aver fatto le scale, ponevi i tuoi problemi di lavoratore a un segretario giovanissimo. Tra i lavoratori si era sparsa velocemente la voce, “quanto è bravo il segretario del sindacato, ci dà sempre i consigli giusti per risolvere i problemi che gli poniamo”, “ci dice di non levarci il berretto davanti ai padroni perché siamo uguali a loro”. Erano i primi anni Dieci del 1900, e quel giovanissimo segretario della Camera del Lavoro di Minervino si chiamava Giuseppe Di Vittorio.
Di fatto, tranne qualche piccolo intervento negli anni, la Camera del Lavoro è rimasta così com’era. Ora però è arrivato il momento della ristrutturazione per diventare una tappa della rete delle biblioteche diffuse. Prima però bisogna esaminare tutto il materiale che è rimasto dopo il trasloco nella nuova sede, sita in un piano terra.
Ecco che si scopre un tesoro della memoria: fotografie di scioperi, cortei del Primo Maggio con la foto incorniciata del compagno Di Vittorio in testa con ai lati le bandiere rosse della lega dei contadini. Uomini e donne vestite con gli abiti migliori, più belli perché la festa dei lavoratori andava onorata al meglio. Poi i comizi con gli oratori su di un palchetto con la faccia seria e la mano alzata per dare più forza alle parole con il gesto, la chiamata alla lotta per conquistare la riforma agraria e sognare un pezzo di terra da coltivare senza dover sottostare al padrone.
Riposto in un armadio un librone con tanti nomi scritti con una grafia elementare ma sicura con accanto delle cifre, piccole cifre. Sul frontespizio la dicitura “Sottoscrizione per acquisto sede” L’atto notarile che afferma “l’immobile è stato regolarmente acquistato dalla Cgil e interamente pagato”: insomma, la sede del sindacato è la sede di tutti i sottoscrittori. La loro sede.
In un faldone piuttosto voluminoso, tutto il carteggio relativo alla questione della diga sul Locone. Quelle terre hanno da sempre sofferto di una carenza cronica di acqua, sia per usi privati che per l’agricoltura. C’era bisogno di una infrastruttura che dissetasse gli uomini e la terra. Mi sono immerso nella lettura dei documenti e ho rivissuto la storia lunga, tortuosa intricata della diga. La burocrazia, i sindaci, i presidenti di provincia che si sono susseguiti nel tempo. Le promesse non mantenute, le lotte e le occupazioni. Poi alla fine le popolazioni hanno vinto. La diga è stata costruita. La sete è finita.
Tutto verrà conservato catalogato da mani esperte e messo a disposizione di tutti coloro che vorranno studiare la storia. La nostra storia. Perché, come cantava De Gregori, “la storia siamo noi, nessuno si senta offeso”. La storia siamo noi nessuno si senta escluso.