La guerra per procura non si ferma. Drammatica emergenza umana e sociale. La Cgil in mobilitazione - di Giacinto Botti

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‘Se vuoi la Pace, prepara la Pace’: non lo si fa inviando armi e aumentando le spese militari. Lo diciamo al presidente Draghi e al governo: per far cessare il fuoco non ci si mette al servizio degli interessi di Usa e Nato, diventando cobelligeranti nel conflitto tra due superpotenze, ma si assume un ruolo diplomatico. Il nostro presidente del Consiglio, che mantiene un atteggiamento di sudditanza e di ambiguità sulla guerra, deve spiegare al Parlamento e al popolo italiano scelte e indirizzi futuri.

La Pace, la diplomazia devono essere le priorità per l’Italia e per l’Europa, dissociandosi da chi vuole usare la guerra, il sacrificio del popolo ucraino per umiliare la Russia e cambiare dall’esterno il suo sistema politico, economico e sociale.

Sappiamo chi invade e chi è stato invaso, e le responsabilità dei massacri, ma un conflitto per procura, finalizzato a interessi geopolitici è vigliacco e miserevole.

La guerra in Europa ha una sempre più stretta relazione con la questione sociale, con le condizioni materiali delle persone, con il nostro futuro. Siamo già in un’economia di guerra, in un’informazione di guerra e persino in una democrazia di guerra. Si umilia la Costituzione, si svuota il Parlamento e si piega l’informazione pubblica al pensiero unico, censurando conduttori e trasmissioni libere e pluraliste. Il popolo sovrano, in maggioranza contro l’invio di armi e l’aumento della spesa militare, non conta nulla.

Il governo, gravemente inadempiente per composizione e scelta di campo, dirotta risorse verso gli armamenti distogliendole da bisogni sociali e investimenti pubblici. Non combatte le storture che generano arretratezza, dipendenza energetica e agro-alimentare, crisi industriali e insopportabili diseguaglianze.

L’Italia è in recessione, aumentano inflazione, prezzi e tariffe. Arretra lo stato sociale e cala il potere d’acquisto di salari e pensioni. L’emergenza pandemica non è finita, e incombe quella ambientale che, insieme alla guerra, produce nuove migrazioni di chi fugge da fame e conflitti. Alla situazione economica e sociale, già critica e acuita dalla guerra e dalle sanzioni, non si può rispondere con vecchie ricette, bonus o interventi spot, facendone ancora pagare il prezzo ai meno abbienti, ai pensionati e al mondo del lavoro.

Siamo in una nuova fase e la Cgil, che rilancia la mobilitazione contro la guerra e le sue tragiche conseguenze, vuole, deve essere protagonista del cambiamento. Daremo vita a una nuova mobilitazione, in continuità con lo sciopero generale del 16 dicembre, con incontri e assemblee in tutti i luoghi di lavoro. Costruiremo una consapevolezza collettiva della grave situazione sociale ed economica, torneremo nelle piazze per dare voce a chi non ne ha, risposte collettive e di rappresentanza confederale nel nostro quadrato rosso.

 

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