“La guerra è fossile, la pace è rinnovabile”. Ha colto nel segno la moltitudine, giovanile e non solo, che in 90 Paesi e quasi 600 città, di cui 78 solo in Italia, ha sfilato in corteo nel giorno del Global Climate Strike. E il movimento globale dei Fridays for Future ha lanciato la mobilitazione con l’appello #Peoplenotprofit, “persone non profitti”, a dimostrazione che non è mai troppo presto per capire come va - malissimo – questo mondo.
L’analisi dei Fridays for Future è impeccabile: “Andiamo in piazza per chiedere giustizia climatica – ha osservato alla vigilia delle manifestazioni una delle otto portavoce del movimento, Martina Comparelli - ma al tempo stesso lottiamo per la pace e il disarmo. La guerra in Ucraina è direttamente legata all’uso di petrolio e gas, è il primo dei tanti scontri legati al ‘capitalismo fossile’. Se avessimo avviato la transizione dai combustibili fossili quando la scienza cominciava a dircelo, oggi non staremmo in questa tragica situazione”.
Agli occhi di chi ha sfilato, la follia - ben evidenziata da Papa Francesco - di Stati che aumentano ulteriormente le spese militari, dirottandoci miliardi e miliardi a scapito degli investimenti per la sanità, l’istruzione e il sostegno alle famiglie più in difficoltà, è la dimostrazione che la lotta per la transizione climatica ed ecologica non può essere disgiunta dalla lotta per la giustizia sociale e contro la guerra. E non è un caso che Fridays for Future abbia stretto un saldo rapporto con le tute blu della ex Gkn, quel Collettivo di Fabbrica protagonista di una delle pagine più belle e intense della resistenza operaia ai voleri del capitalismo. “Ci hanno ripetuto fino allo sfinimento durante tutta la pandemia che sarebbe andato tutto bene – ha ricordato il Collettivo – ma non andrà tutto bene se i rapporti di forza rimarranno questi, se la ricerca di profitti avrà sempre la precedenza sui diritti e sul futuro di questo pianeta. Noi insorgiamo per il futuro. E il futuro non è solo uno stipendio e un contratto, è l’aria che respiri, è la pace, è cosa produci e in che società vivi”.