La società civile pacifista si è ripresa la parola - dopo settimane di occupazione dello spazio pubblico da parte dei grandi decisori della terra – e ha manifestato con grande forza, prima con una mobilitazione diffusa in tantissime città, poi con una grande manifestazione nazionale a Roma, con oltre 50mila persone.
Si è formato un arco variegato di circa 200 associazioni, sindacati, reti, comitati e movimenti, tutti uniti per dire no alla guerra, per condannare l’aggressione della Russia all’Ucraina, per chiedere il cessate il fuoco e l’immediato avvio di un vero negoziato che ponga fine a questa ennesima guerra, e per ribadire che la scelta di inviare armi non è la strada che porterà pace e sicurezza in Europa. Tutt’altro che anime belle, tutt’altro che equidistanti!
La pace non è un orizzonte culturale ma un progetto politico, che deve trovare la sua preparazione e attuazione lontano dalle emergenze – quando si possono solo limitare i danni – per costruire un mondo senza conflitti e cancellare la guerra dalla storia. Abbiamo chiesto che venga fatto ogni sforzo per l’apertura di una vera trattativa negoziale multilaterale, tanto più efficace quanto più saranno credibili e autorevoli i soggetti della mediazione. Auspichiamo che l’Onu, per le caratteristiche di terzietà e autorevolezza, svolga un ruolo decisivo in questa fase. E’ necessario il cessate il fuoco e la fine delle ostilità, fermare la carneficina e la barbarie che miete la gran parte delle sue vittime tra la popolazione civile, stremata e in fuga.
Siamo vicini e solidali con chi continua coraggiosamente a opporsi alla guerra con forme di difesa civile non armata e nonviolenta, ai tanti sfollati e profughi che hanno perso la casa, hanno dovuto abbandonare i loro cari e formare lunghe file ai confini della Polonia per cercare un futuro per sé e i propri figli. Chiediamo che l’Ue e il nostro Paese varino misure straordinarie di accoglienza per la popolazione ucraina, così come per tutti gli altri profughi e migranti, non è accettabile alcuna discriminazione tra chi fugge da guerre o da altre condizioni di necessità. L’Europa deve recuperare ora le sue radici di civiltà, diritto e umanità, altrimenti perderà per sempre la sua anima e il suo futuro.
È inoltre necessaria l’apertura di corridoi protetti per le agenzie internazionali e le organizzazioni umanitarie, perché possano prestare aiuto alla popolazione in condizioni di sicurezza.
Siamo anche vicini alla popolazione russa, che con coraggio manifesta il proprio dissenso alla guerra nelle principali città con gravi rischi per la propria incolumità personale, per la repressione del regime autocratico di Putin.
Esprimiamo solidarietà alle comunità di lavoratrici e lavoratori ucraini in Italia, che tanto lavoro di cura svolgono nel nostro Paese, angosciati da quello che accade e preoccupati per parenti e amici, sotto le bombe o in fuga dalla guerra.
L’Ue ha perso una grande occasione politica: poteva svolgere un ruolo di mediazione tra le parti, essere uno dei soggetti che favorisce la de-escalation del conflitto, agire la neutralità attiva. Ha invece scelto di andare nella direzione opposta, fornire armamenti all’Ucraina alimentando un teatro di guerra.
Le logiche della competizione economica e energetica, del potere militare e politico sono parte delle cause di questo conflitto di cui l’Ucraina è vittima, contesa tra Est e Ovest, tra due imperialismi uguali e contrapposti.
È ora di chiudere la fase dei blocchi militari, di discutere di sicurezza comune e condivisa attraverso il disarmo e la cooperazione tra gli Stati, porre fine al commercio di armi, dare spazio a programmi di educazione alla pace e alla mondialità, alla cittadinanza attiva e la solidarietà. Questa è l’Europa che vogliamo, questa è l’Europa che ci serve.
L’Arci, con la Rete Italiana Pace e Disarmo, è stata tra i protagonisti delle mobilitazioni nelle ultime settimane. Ora si apre una fase nuova, di costruzione di risposte concrete alle emergenze che la guerra sta producendo. Proseguiremo nell’azione informativa e di conoscenza e informazione sulle cause di questa guerra, così come di approfondimento delle soluzioni politiche e di solidarietà che abbiamo proposto, con dibattiti e seminari; proseguiremo con la sensibilizzazione di cittadine e cittadini, anche con mobilitazioni unitarie territoriali.
Stiamo chiedendo al governo un piano straordinario per l’accoglienza dei profughi ucraini – che Unhcr stima fino agli 8 milioni in tutta Europa – con investimenti all’altezza della situazione, senza che ne venga scaricato l’onere al Terzo Settore.
Abbiamo bisogno di una collaborazione più stretta tra ministero degli esteri e tutto il mondo delle Ong sulle iniziative umanitarie e di cooperazione internazionale da intraprendere da subito, con un piano d’investimento proporzionato alla gravità della situazione.
La guerra non è “la prosecuzione della politica con altri mezzi”, ne è il suo fallimento: per questo la politica deve tornare in campo.