Pochi giorni fa, precisamente il 24 febbraio, abbiamo preso atto dell’ennesima vittoria sindacale, in ambito giudiziario, nei confronti delle piattaforme di Food Delivery. Un altro colpo assestato alla filosofia che sostiene questo tipo di realtà produttive.
Il Tribunale di Bologna, nella persona del giudice dottoressa Maria Luisa Pugliese, ha stabilito che il ricorso presentato da un ciclofattorino bolognese, con l’assistenza di Filt, Nidil e Filcams Cgil di Bologna, fosse non solo fondato ma ammissibile in ogni suo aspetto. Deliveroo, la piattaforma in questione, è stata condannata a risarcire il lavoratore, Riccardo Mancuso, rider di 27 anni ex studente universitario, in quanto tra le parti in causa è intercorsa una collaborazione organizzata ai sensi dell’art. 2 del Dlgs. n.81/2015, e pertanto il ricorrente ha diritto a vedersi corrispondere quanto maturato secondo la retribuzione prevista per il livello C del Ccnl Merci e Logistica.
In pratica si riconosce che l’attività lavorativa è stata etero-organizzata e quindi da considerarsi non autonoma, e di conseguenza il lavoratore matura il diritto a vedersi riconosciute tutte le differenze retributive conseguenti all’applicazione del Ccnl richiamato. Il rider, nella sentenza, si è visto anche accertare l’illegittimità del recesso intimato in data 2 ottobre 2020, sostanzialmente la non liceità del licenziamento.
Da dove nasce tutta questa vicenda? Dal fatto che Mancuso, tempo addietro, si era rifiutato di firmare il contratto pirata Assodelivery-Ugl e il 2 novembre 2020 era stato disconnesso dalla piattaforma, il che è equivalso ad un licenziamento di fatto, in quanto non gli sono state più assegnate delle consegne da effettuare.
Il Tribunale di Bologna, in un precedente pronunciamento, nel mese di luglio dell’anno scorso, aveva dichiarato l’illegittimità dell’applicazione ai riders, da parte di Deliveroo Italy s.r.l., del contratto sottoscritto da Ugl Rider, e ordinava di astenersi dall’applicare detto accordo ai propri riders. Il contratto collettivo in questione stipulato da Ugl e Assodelivery, l’associazione datoriale che raccoglie molte delle piattaforme del delivery in Italia, è stato ritenuto carente sia perché stipulato da soggetto negoziale mancante di valido potere negoziale, che privo del requisito della maggiore rappresentatività comparata.
Lo stesso tribunale di Bologna aveva dichiarato il carattere discriminatorio e antisindacale del recesso dai rapporti di lavoro dei riders che si erano dichiarati indisponibili ad aderire al Ccnl Ugl-Rider, disponendo la reintegrazione di un lavoratore ingiustamente licenziato.
Questo è il resoconto di quanto accaduto presso il Tribunale di Bologna, ma dal punto di vista eminentemente sindacale e politico la questione “rider” ci pone di fronte a scelte che non possono essere più ritardate per la nostra organizzazione. Tutti noi ci dovremmo misurare con le nuove realtà lavorative che con il passare del tempo si stanno sempre più imponendo e di conseguenza attendono risposte. Da qui la necessità di essere presenti nel territorio dove poter incontrare i lavoratori che vivono le condizioni di maggiore disagio e che necessitano di una maggiore tutela, sia in ambito prettamente lavorativo che all’interno della società con strumenti di nuovo welfare pubblico che conceda prestazioni anche a chi non è inquadrato con un contratto canonico di lavoro subordinato con assunzione diretta.
Evidentemente la vicenda di Riccardo non è altro che un ulteriore tassello della lotta che ormai da diversi anni vede i ciclofattorini, affiancati dalle organizzazioni sindacali, sfidare dei colossi dell’economia. In un periodo storico in cui le lotte dei lavoratori vengono derubricate a simulacri di un passato che oggi non esiste più, queste esperienze, maturate dal basso, ci devono far comprendere che non tutto è perduto, e che se le lotte sono incanalate nei binari giusti è possibile ottenere degli ottimi risultati.