Verso l’Assemblea organizzativa. La riunione del coordinamento nazionale - di Sinistra Sindacale

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Una novantina di compagne e compagni hanno partecipato alla video riunione del coordinamento nazionale allargato di Lavoro Società per una Cgil unita e plurale, l’8 febbraio, alla vigilia dell’Assemblea organizzativa. Presenze da Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino, Umbria, Veneto, e di Filcams, Filctem, Fisac, Flai, Flc, Fp, Nidil, Slc, Spi. Dopo l’introduzione di Giacinto Botti, referente nazionale, si sono susseguiti 19 interventi. Impossibile sintetizzare un dibattito ricco e articolato, nella sua omogeneità di fondo.

Fin dalla relazione si sono intrecciati diversi temi: dalle vicende politico istituzionali culminate con la rielezione del presidente Mattarella (sulle quali Botti ha rimandato ad un suo contributo scritto, sintetizzato in questo stesso notiziario) alla continuità dell’azione della Cgil dopo lo sciopero generale del 16 dicembre, al tema attuale dell’assemblea organizzativa, nel quale si inserisce l’annosa questione della democrazia e del pluralismo interni.

Sul primo punto, tutti gli interventi hanno paventato i crescenti rischi di “sfondamento” verso forme di presidenzialismo connessi alla forzatura costituzionale, per la seconda volta consecutiva, della rielezione di uno stesso Presidente della Repubblica, al di là del prestigio di Mattarella, tuttavia non coerente con le sue precedenti dichiarazioni contrarie ad un bis.

L’operazione Draghi-Mattarella ha l’obiettivo di una “stabilizzazione centrista” del quadro politico, in una persistente situazione di discredito della classe politica e di pressoché totale assenza di rappresentanza del mondo del lavoro. Non ci sono, oggi, sinistre che abbiano questa ispirazione e questo radicamento, e non se ne vede la costruzione in tempi ravvicinati. Questo chiama ad una sempre maggiore autonomia il sindacato, e la Cgil in particolare, esercitando tutto il peso politico della propria impostazione valoriale e programmatica, senza cadere in alcuna forma di collateralismo ad un “centrosinistra” che si dimostra sempre più parte fondante del “centrismo”.

Ecco perché, come molti hanno rivendicato, vanno rapidamente superati un certo immobilismo e afasia della Cgil dopo lo sciopero generale. Impasse che ha a che fare con le resistenze di una parte non piccola dei gruppi dirigenti a quella mobilitazione, che si vorrebbe mettere tra parentesi, senza darle la necessaria continuità.

Alle ragioni dello sciopero generale – peraltro sulla base di piattaforme unitarie – se ne aggiungono di nuove, di fronte alle quali il ruolo della Cgil sembra ancora incerto: i venti di guerra alle porte dell’Ue; l’aumento dei prezzi dell’energia e l’inflazione che impattano su salari già tra i più bassi d’Europa, con la necessità di un forte rilancio delle rivendicazioni economiche; la difficoltà, se non assenza di interlocuzione con movimenti importanti come quello degli studenti – in particolare con le manifestazioni dopo la morte sul lavoro da scuola professionale di Lorenzo Parelli – o quello ambientalista e della transizione ecologica, con una babele di posizioni tra confederazione e categorie che “dicono tutto e il suo contrario”.

Sono tutti temi che “precipitano” oggi sull’Assemblea organizzativa e subito dopo sul percorso congressuale. Difficile fare un quadro del possibile esito della tre giorni di Rimini. Anche perché – ha denunciato Botti – si è ulteriormente rafforzata la prassi delle decisioni assunte in riunioni dei segretari generali: a quella in preparazione di Rimini la nostra aggregazione programmatica non è nemmeno stata invitata.

In chiaroscuro anche il percorso fatto fin qui. Se si sono svolte oltre 1.500 riunioni delle Assemblee generali a tutti i livelli, ben diversi – nelle “testimonianze” dei vari interventi – partecipazione, coinvolgimento, ascolto delle delegate e dei delegati che si sono avuti nelle diverse strutture.

Più in generale, il percorso non è riuscito a “parlare alla società”, come sarebbe necessario per la più grande organizzazione di massa del Paese, e sono forti i rischi, da un lato, di un appuntamento che non sciolga i veri nodi politico-organizzativi, dall’altro, che nelle pieghe delle 11 schede vengano avanti proposte che contraddicano la natura democratica, autonoma, rivendicativa della nostra confederazione.

Tra i nodi strategici, gli interventi hanno indicato: i perimetri contrattuali e i possibili accorpamenti categoriali; il rafforzamento delle Camere del Lavoro; la destinazione delle risorse coerente con il baricentro territorio-ruolo di delegate, delegati e leghe Spi; la reale capacità di contrattazione inclusiva, soprattutto sul nodo appalti; il rafforzamento della presenza di genere e del ruolo delle e dei migranti; la conferma di Assemblea Generale e Direttivo come organismi decisionali. E permane la necessità di far divenire patrimonio di tutta la Cgil la libertà di espressione singola e collettiva - interna ed esterna – e la valorizzazione dei pluralismi programmatici che si vogliono sacrificare alla sola pluralità delle strutture, rischiando di minare la natura confederale della Cgil.

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