Le menzogne imperialiste e neocolonialiste sulle responsabilità dei diversi paesi nelle emissioni globali.
Nelle settimane a cavallo tra fine ottobre e inizio novembre, tra l’atteso G20 di Roma e l’ancor più attesa Cop26 di Glasgow, abbiamo rivisto sulla grande stampa liberale e nei discorsi in televisione un particolare aumento di pericolose menzogne suprematiste contro cinesi, indiani e abitanti di altri grandi paesi, mascherate da “equidistanza” sulle emissioni. Si snocciolano numeroni, incolpando paesi variamente “autoritari” o “poco avanzati”, ignorando per esempio i dati pro-capite o le emissioni storiche delle grandi economie capitaliste di G7 e alleati.
Questo discorso ha senso solo se i popoli dell’Asia, dell’Africa e dell’America Centrale e Meridionale si considerano esseri inferiori, da calcolare “in blocco” rispetto agli americani ed europei, che invece sono individui completi e umani.
Stando ai numeri, è ovvio che un paese che ospita un quinto della popolazione mondiale (la Cina) sia quello con più emissioni. Non è ovvio invece che da un paese con circa un quarto della popolazione della Cina (gli Stati Uniti d’America) arrivi ben la metà delle emissioni della Cina. Oltre al discorso sui dati pro-capite (7,3 tonnellate di Co2 circa per un cittadino cinese, 15.5 per un cittadino degli Stati Uniti), bisogna anche ricordare che una parte consistente delle emissioni del manifatturiero in Cina sono dovute in realtà a produzioni per mercati europei e nordamericani. Questo senza nemmeno menzionare le emissioni storiche, che imperi coloniali come gli Stati Uniti, il Regno Unito, eccetera hanno accumulato in un paio di secoli, prima che paesi come Cina, India, Indonesia, Brasile, si liberassero e avviassero una propria industrializzazione.
Insomma, è un discorso senza senso. Facciamo un esempio semplice: mettiamo che Jeff Bezos ha 100 miliardi di dollari. E che un miliardo di indiani hanno 100 dollari a testa (cifre simboliche). Qualcuno potrebbe essere tentato di dire: “Ehi, un miliardo di indiani ha esattamente la stessa responsabilità di Bezos per quanto riguarda le disuguaglianze economiche!”. Ovviamente è una sciocchezza, così come lo è nel caso delle emissioni a livello globale.
Se ci pensiamo, è lo stesso discorso che il capitalismo fa a livello locale: la colpa è sempre dei poveri che sono “troppi” o non abbastanza “sostenibili”, che non vogliono lavorare, che si oppongono alle magnifiche sorti dell’illuminata classe capitalista in Italia, Europa e altrove.
È importante comprendere questa connessione per smascherare la retorica imperialista che vede gli interessi del settore privato statunitense al centro, con tutto il loro stuolo di complici e anime belle in giro per il mondo. Che queste settimane possano essere un’occasione per lavoratori e lavoratrici dei paesi più ricchi, per riflettere sui reali rapporti di potere e sui veri responsabili della crisi ambientale e sanitaria. Buona resistenza.