La pandemia sui cittadini migranti è stata pesantissima. Moltissimi immigrati e le loro famiglie, che avevano iniziato percorsi di inclusione, sono ricaduti in una situazione difficile, segnata da politiche sempre più discriminatorie, diritti negati, indifferenza e invisibilità.
La molteplicità delle leggi e normative in materia di immigrazione, dalla legge Bossi-Fini ai decreti immigrazione, ai numerosi provvedimenti finora approvati, caratterizzati da discriminazioni dirette ed indirette, hanno minato e negato diritti di cittadinanza. Si sono moltiplicati gli ostacoli burocratici, con molti uffici chiusi al pubblico per la pandemia, il rallentamento delle attività di prefetture, questure, commissioni territoriali, ambasciate e consolati, e la digitalizzazione. Tutto questo ha finito per escludere un numero crescente di migranti dall’accesso ai servizi dedicati ai cittadini.
Durante la pandemia, i lavoratori migranti sono stati in prima linea nella risposta alla crisi: si è potuto registrare con chiarezza il loro contributo essenziale a sostenere l’economia del nostro Paese. Come sappiamo, le lavoratrici e i lavoratori migranti sono impiegati in settori importanti, ma colpiti dalla crisi: agricoltura, lavori di cura e di assistenza, sanità pubblica a tutti i livelli, industria alimentare, edilizia, turismo, trasporti, logistica, rider. Hanno lavorato continuamente per il bene comune. Tuttavia sono stati dimenticati dalle politiche messe in campo per affrontare la fase emergenziale e avviarsi all’attesa ripresa. Solo per citarne una, i cittadini migranti cosiddetti irregolari, privi di un titolo di soggiorno (circa 500mila), rappresentano la categoria meno protetta: per il loro status non viene garantito il diritto al vaccino, alle cure essenziali e emergenziali dal Ssn, in violazione della nostra Carta costituzionale che vieta ogni forma di discriminazione. Inoltre, in alcuni territori, molti immigrati in possesso della ricevuta per il rinnovo del permesso si sono visti negare la possibilità di vaccinarsi.
Moltissimi lavoratori migranti, rimasti all’estero nella prima fase della pandemia, sono stati esclusi dalle misure di sostegno al reddito, dagli ammortizzatori sociali previsti. Solo grazie alle mobilitazioni messe in campo dai sindacati confederali Cgil Cisl Uil, e non solo, il governo e gli organismi preposti li hanno infine inclusi, superando, attraverso le proroghe, anche l’annosa questione di permessi di soggiorno e documenti vari scaduti.
Inoltre vi è il tema della conciliazione dei tempi, in cui si sono registrate tante difficoltà per moltissime famiglie con figli, costrette ad affrontare lo studio attraverso la nuova modalità della didattica a distanza. Difficoltà che riguardano tutte le famiglie, ma per i nuclei familiari di immigrati è stato un vero calvario, specialmente per le donne sole con figli, soprattutto se i figli si sono ricongiunti durante la pandemia, con tutte le problematiche legate al nuovo ambiente socio-culturale, la lingua, la strumentazione. In parallelo la perdita del posto di lavoro o la condizione di trovarsi in cassa integrazione hanno comportato una riduzione dei redditi, di conseguenza si sono registrati molti sfratti per morosità.
Un altro capitolo importante riguarda la regolarizzazione/emersione di lavoratrici e lavoratori migranti irregolari, una misura fortemente voluta dalla Cgil, che purtroppo ha riguardato solo i settori dell’agricoltura e del lavoro domestico, mentre andava estesa a tutti settori produttivi. Dopo un anno, su oltre 200mila richieste, solo il 15% è stato espletato, a dimostrazione che occorreva facilitare le procedure e regolarizzare tutti i migranti presenti nel territorio per contrastare lo sfruttamento e la schiavitù, la ricattabilità, il lavoro nero e sommerso.
Il tema dello ius soli è completamente sparito nell’agenda politica: molte ragazze e ragazzi nati e cresciuti nel nostro Paese continuano a subire tanti ostacoli nel progettare il loro futuro. Quanto a rifugiati, richiedenti asilo o protezione internazionale, vengono reiterate sia in Italia che nel resto d’ Europa le stesse politiche di chiusura ed esternalizzazione delle frontiere, mentre assistiamo quotidianamente a uno stillicidio di morti nel mar Mediterraneo. Uomini, donne, bambini in fuga da conflitti, guerre, fame e persecuzioni. L’unica risposta dei Paesi dell’Unione è quella di rifinanziare la Turchia e la Libia, dove vengono sistematicamente violati i diritti umani.
L’immigrazione rappresenta un dato strutturale, centrale e paradigmatico, in Italia come in tutti i Paesi europei. Servono politiche di inclusione, bisogna favorire la libera circolazione delle persone. Le politiche securitarie e discriminatorie finora portate avanti si sono dimostrate fallimentari. Hanno alimentato un clima di odio, pagato sulla propria pelle dai migranti e loro famiglie. Hanno minato la coesione sociale e valori fondamentali come la solidarietà, la democrazia, l’uguaglianza, rimettendo in discussione i dettami fondamentali della nostra Costituzione.