L’importante e significativa mobilitazione in atto a Civitavecchia contro l’ipotesi di riconversione a gas della centrale Enel va inquadrata da alcuni cenni storici su un territorio nel quale, nel corso di settant’anni, i diritti costituzionali alla salute e al lavoro sono stati messi in una condizione di drammatica contrapposizione.
Dal 1951, con l’apertura del primo impianto per la produzione di energia elettrica, è iniziato il ricatto sull’occupazione in cambio dell’inquinamento, in una città che usciva dalla guerra rasa al suolo dai bombardamenti e aveva il disperato bisogno di ricostruire rapidamente, sfruttando le opportunità che le venivano offerte. Al tempo si ignoravano le conseguenze sulla salute e sull’ambiente che oggi, purtroppo, sono evidenti a tutti. Negli ultimi decenni a Civitavecchia e nelle zone limitrofe sono aumentate a dismisura le patologie del sistema respiratorio e cardiocircolatorio, molto spesso mortali o invalidanti, come conseguenza dell’inquinamento provocato dai fumi delle navi, da un lato, e dall’attività delle centrali Enel “Torrevaldaliga Nord” e Tirreno Power “Torrevaldaliga Sud”.
Nel 2003 si è registrata la riconversione a carbone dell’impianto Enel, precedentemente alimentato a olio combustibile. In quel caso le logiche ciniche del profitto hanno prevalso, speculando su divisioni che hanno attraversato anche le organizzazioni sindacali e i partiti della sinistra, dilaniati in uno scontro fra sostenitori della causa ambientale, da un lato, e dell’occupazione, dall’altro.
Nel 2013 Greenpeace ha classificato questo sito al secondo posto in Italia per quantità di emissione di Co2: 10.730.000 tonnellate ogni anno. I gas provocati dalla combustione del carbone vengono immessi nell’atmosfera attraverso una ciminiera alta 250 metri in modo da disperdere le sostanze inquinanti in un territorio molto più ampio. È questo un tema del quale non si è mai parlato, ma gli esperti sanno che l’inquinamento provocato dalla centrale interessa una vastissima zona, fino ai Municipi della zona nord di Roma.
Ora, con gli impegni da tempo assunti dal nostro Paese e con le decisioni già adottate, sembrava scontata l’imminente uscita dal carbone attraverso il ricorso a forme di produzione di energia rinnovabile e pulita. In realtà, l’intento di Enel è quello di aggirare il vincolo della “de-carbonizzazione” ricorrendo ad altri fossili, progettando centrali a turbo gas. Un’idea, antitetica rispetto alla riduzione di Co2, sostenuta dall’Eni e – almeno per il momento – non contrastata dal governo che anzi, nel Pnrr, pare quasi assecondare questa scelta attraverso una sorta di “greenwashing” - neologismo che indica la strategia di comunicazione di imprese, organizzazioni, istituzioni politiche finalizzata a costruire un’immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale. Un fenomeno che, vale la pena ricordarlo, nel nostro Paese venne affrontato per la prima volta nel 1996 dall’Antitrust che sanzionò la Snam per aver utilizzato slogan pubblicitari ingannevoli, ricordando che il metano (come tutti i gas) diventa agente inquinate nel momento in cui viene usato, liberando anidride carbonica, azoto e altre sostanze nocive.
A differenza della fase che segnò la riconversione a carbone della centrale, oggi – guardando alle forme della mobilitazione contro l’ipotesi del gas e alla pluralità ed eterogeneità dei soggetti che la animano – il territorio di Civitavecchia si sta candidando autorevolmente a laboratorio nel quale sperimentare come tenere insieme e armonizzare tra loro i diritti alla salute, all’ambiente e al lavoro.
Nella lotta intrapresa, nella quale la Cgil territoriale sta esercitando un ruolo importante, il mondo del lavoro dialoga e si esprime insieme alle istituzioni locali, ai partiti, alle forze ambientaliste. Non vi sono solo dei “no”, come quelli legati al rifiuto di un piano di ristrutturazione che ridurrebbe drasticamente l’occupazione, ma proposte concrete e fattibili finalizzate alla valorizzazione di un territorio dove mare, vento e sole possono rappresentare un importante volano per la produzione di energia rinnovabile e pulita, creando tanto lavoro di qualità.
“Ormai da oltre un anno la Cgil territoriale manifesta la propria contrarietà alla riconversione a gas della centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord, confrontandosi con tecnici ed esperti di spessore nel settore energetico, politica e associazioni territoriali per la costruzione di piattaforme alternative ai combustibili fossili”, recita un comunicato dell’aprile scorso, dopo un confronto con la Regione Lazio. Che continua: “Abbiamo condiviso la decisione di costruire un percorso molto ambizioso per guardare con convinzione alle rinnovabili e per sperimentare nuove strade che indirizzino lo sviluppo verso modelli alternativi a quelli, ormai obsoleti e superati, individuati fino a ora. Ciò richiede una revisione del Piano energetico regionale e una profonda revisione del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec)”.