Il cortocircuito Alitalia - di Riccardo Chiari

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Nelle pieghe delle quasi quotidiane manifestazioni di lavoratrici e lavoratori Alitalia, rafforzate dalle proteste dell’intero settore del trasporto aereo messo in ginocchio dalla pandemia, il leghista Giancarlo Giorgetti ha finito per cedere alle richieste sindacali di tavoli istituzionali di confronto. “Il ministro Giorgetti ha preso l’impegno ad aprire un tavolo sul trasporto aereo - spiega il segretario della Filt Cgil, Fabrizio Cuscito – mentre su Alitalia ha detto che si farà promotore di un tavolo interministeriale, una questione più complicata perché devono essere coinvolti quattro ministeri”. Nel mentre i rapporti fra il governo italiano e la Commissione europea sono diventati, sul caso Alitalia, piuttosto difficili. Questo perché, avvertono da Bruxelles, le domande poste in merito al progetto della newco Ita sono rimaste fin qui senza risposta, e i nodi da sciogliere sulla discontinuità della nuova azienda rispetto ad Alitalia restano il perimetro aziendale e la riduzione degli asset, del personale e degli slot aeroportuali.

Il problema è che le richieste dell’Ue porterebbero a una newco che nascerebbe con un altro marchio, rinunciando anche al codice Az. Un taglio che potrebbe costare fino a 500 milioni fra mancate entrate e spese di marketing, dicono gli addetti ai lavori. Poi a dimezzare gli slot su Linate e perderne ulteriori in altri aeroporti, da cedere ai concorrenti. Infine ad una compagnia di soli 45 aerei, con al massimo 3.500 dipendenti, con i servizi a terra di Fiumicino (oltre 3mila) e la manutenzione (un migliaio) sul mercato, e un totale di 7.500 “esuberi” fra lavoratori e lavoratrici. Uno scenario che anche gli apostoli del “libero mercato”, che rimarcano sempre i 12 miliardi pubblici spesi per sostenere la compagnia e i tanti anni di cig dei lavoratori, giudicano senza prospettiva alcuna. Se non quella di finire rapidamente in bocca ai big player continentali. 

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