Il percorso di sindacalizzazione che ha portato alla mobilitazione nazionale.
Era il 2017, si presentò allo “Sportello lavoro” della Filt di Milano un lavoratore, aveva in mano una busta paga e un certificato medico con diagnosi di stress da lavoro correlato, con prescrizione di diversi giorni di riposo. Era un corriere di Amazon, dipendente di una ditta appaltatrice, ci denunciò la condizione insopportabile a cui era costretto insieme a un manipolo di colleghi: 14 ore di lavoro al giorno, applicazione di contratti pirata, part-time fittizi e retribuzioni inferiori ai 1.000 euro al mese. Così è iniziata la nostra storia “nella pancia” del colosso americano dell’e-commerce.
La Filt Cgil Milano e Lombardia iniziò ad incontrare questi lavoratori nei bar e nei parcheggi limitrofi ai due siti che Amazon aveva aperto sul nostro territorio, ad Origgio (Va) e a Milano. Ascoltammo le voci di questi lavoratori, impauriti, stremati e sfruttati, ma che avevano deciso di dire basta e di organizzarsi nel sindacato per migliorare la loro condizione. Scoprimmo un mondo del tutto simile a quello che molti anni prima avevamo iniziato a contrastare e combattere nelle interminabili filiere della logistica, fatto di cooperative “spurie”, subappalti, applicazione di contratti inadeguati e diritti quotidianamente calpestati, il tutto sotto il logo sorridente di Amazon.
Ne scaturì la prima azione di lotta di un gruppo di lavoratori di Origgio (Va), che sfidarono il gigante e, mettendosi con determinazione davanti ai cancelli del magazzino con in mano le bandiere rosse del sindacato, ottennero una prima grande vittoria. Una delle tre principali aziende in appalto ad Amazon scese a patti con la Filt e sottoscrisse il primo accordo sindacale nella filiera di Amazon in Italia, portando ai lavoratori la corretta applicazione del ccnl di Logistica, Trasporto merci e spedizione, e normando i primi aspetti del loro lavoro. Ricordo ancora gli occhi lucidi di quei lavoratori alla firma dell’accordo e l’esclamazione di uno di loro “finalmente potrò comprare la lavatrice per casa!”. Nessuno di noi e di loro avrebbe mai pensato che quello sarebbe stato l’inizio di un movimento sindacale che in pochi anni ci avrebbe portato al primo sciopero nazionale di Amazon e di tutta la filiera.
Dopo quel primo sciopero del 2017 ne seguirono altri. In poco più di un anno capimmo che la controparte che stavamo affrontando era differente dalle solite aziende e committenti a cui eravamo abituati, sia in termini di sviluppo e crescita e sia nelle modalità di affrontare le relazioni con il sindacato. Amazon infatti iniziò un’interlocuzione con il sindacato solamente su un piano informale e non ufficiale, non comparendo mai sui tavoli di trattativa e frapponendo tra loro e i lavoratori un’associazione datoriale che raggruppò tutte le società in appalto nella filiera a livello nazionale, l’associazione AssoEspressi.
Sono passati poco più di tre anni dai primi scioperi dei lavoratori organizzati dalla Filt Cgil in Lombardia, oggi nella filiera sono presenti più di 26 società in appalto solo nella nostra regione, quasi 100 a livello nazionale. I siti Amazon in Lombardia son diventati sette, e ne vediamo “spuntare” a decine in tutto il territorio italiano; le poche centinaia di corrieri che tre anni fa si occupavano delle consegne in Lombardia sono diventati diverse migliaia, decine di migliaia in tutta la penisola. In Lombardia il movimento sindacale conta oramai più di 700 adesioni, e circa 35 tra Rsa e Rls della Filt Cgil.
Grazie alla lotta e alla determinazione di questi lavoratori siamo riusciti in questi anni a sottoscrivere in Lombardia tre accordi quadro applicati da tutte le società in appalto. Abbiamo dato applicazione piena al ccnl e migliorato le condizioni di lavoro, oltre che provato a normare aspetti importanti della vita quotidiana di un corriere, quali la gestione delle multe, dei danni ai furgoni, le pause, gli orari, la sicurezza e altro ancora. Perché la vita lavorativa di queste persone non è fatta solo di un contratto nazionale, sono innumerevoli gli aspetti su cui il sindacato deve intervenire.
Un corriere in appalto ad Amazon infatti è soggetto ad almeno 9 ore al giorno di lavoro, con una intensità che molto si avvicina all’idea di “catena di montaggio”, con una media di 200 pacchi da consegnare al giorno oltre alle attività accessorie al servizio, con un tempo di consegna che non può superare i tre minuti a pacco. La maggior parte delle multe prese per servizio vengono decurtate dalle buste paga, così come i danni fatti ai furgoni o a qualsiasi altro strumento di lavoro, producendo un rischio concreto di veder vanificati gli sforzi fatti in un mese per un semaforo rosso, un graffio sulla portiera, o un cellulare di servizio caduto a terra.
A questo si aggiunge un modello, quello di Amazon, fatto di continui cambiamenti organizzativi, una richiesta di flessibilità massima su sette giorni a settimana e su nastri lavorativi interminabili, cambi di orario, spostamento di rotte (e quindi di lavoratori) da un sito a un altro, con un utilizzo sconsiderato di contratti a termine e part-time.
Questo modello organizzativo “governato dall’algoritmo” e l’esperienza sindacale lombarda hanno portato una crescita esponenziale del livello di sindacalizzazione in tutta la filiera Amazon italiana, e sta portando anche i dipendenti diretti della multinazionale dell’e-commerce, impiegati e magazzinieri, ad avvicinarsi al sindacato. Si sono susseguite, nell’ultimo anno e mezzo, iniziative sindacali e lotte in molte regioni e provincie dove Amazon ha messo radici, ed è cresciuta una rete di delegate e delegati sindacali estremamente attivi e determinati. Oggi riscontriamo una situazione sindacale “a macchia di leopardo” in tutto il territorio nazionale, con condizioni differenti tra lavoratori della stessa filiera, a seconda dell’area geografica e della presenza sindacale.
Ancora nessun accordo invece è stato sottoscritto per i dipendenti Amazon, dato il modello di relazioni sindacali scelto dall’azienda, fatto di una scenica disponibilità al confronto e al dialogo, senza che questo scaturisca mai in un accordo tra le parti. Questa situazione ha spinto la Filt Cgil Lombardia ad aprire un dibattito interno con i lavoratori e le rappresentanze sindacali regionali sull’opportunità di fare un ulteriore, importante passo verso la conquista dei diritti, innalzare la battaglia dei corrieri in appalto ad Amazon, e dei dipendenti del colosso di Seattle, a livello nazionale.
A partire da gennaio sono iniziate le trattative nazionali tra la Cgil, Cisl e Uil dei Trasporti e della Logistica, la multinazionale dell’e-commerce, e l’associazione AssoEspressi in rappresentanza delle ditte in appalto. Un confronto che si è bruscamente interrotto nel mese di marzo per la latitanza del committente, che persevera nel non voler sottoscrivere accordi con il sindacato (dichiarandosi ancora “non pronto” al modello di relazioni sindacali italiane), e per le proposte avanzate dall’associazione datoriale come condizione per la firma di un accordo.
Nell’anno della pandemia la società ha definito i corrieri espressi come figure indispensabili, come quelli che hanno portato un po’ di sollievo alle centinaia di migliaia di persone costrette nel proprio domicilio. Oltre ai problemi cui ho già fatto cenno, i Dpcm del governo, la chiusura di bar e ristoranti, la mancanza di servizi igienici e ristori ha esponenzialmente aumentato i disagi di questi lavoratori, soprattutto della componente femminile molto presente in questa filiera. Nonostante ciò le controparti non hanno avuto il minimo scrupolo a presentare al sindacato una serie di richieste fatte di compressione dei diritti, aumento della flessibilità, della precarietà, e deroghe peggiorative al ccnl.
La risposta delle lavoratrici e dei lavoratori non si è fatta attendere, ed è stato proclamato per il 22 marzo il primo sciopero nazionale di tutta la filiera di Amazon. La Lombardia sarà protagonista mettendo a disposizione del collettivo dei lavoratori di tutta Italia la rappresentanza e l’esperienza cresciuta in questi anni. Faremo sentire con forza la nostra voce con presidi organizzati dalle prime luci dell’alba in tutti i siti Amazon sul territorio regionale: Milano via Toffetti, Buccinasco, Peschiera Borromeo, Burago di Molgora (Monza-Brianza), Origgio (Va), Castegnato (Bs). Contrapponiamo con forza alle loro richieste la nostra piattaforma sindacale, costruita insieme alla nostra base, fatta di diritti, riduzione dei carichi di lavoro e degli orari, aumento dei salari, contrasto alla precarietà e sicurezza.
Sarà una battaglia storica, che continuerà fino a che il gigante di Seattle non comprenderà che il nostro Paese ha una storia di lotte e diritti conquistati, e che non saranno mai le lavoratrici e i lavoratori a piegarsi a un modello che non vogliamo, e che con forza rispediremo al mittente. Il 22 marzo la storia la fanno i lavoratori: Strike hard, have fun, make history!