I finanziamenti previsti dal Recovery Fund, oltre alle risorse già stanziate a livello nazionale e a quelle dei Fondi di coesione, sono una straordinaria opportunità per un cambiamento radicale delle politiche economiche e sociali. La tutela della salute, i percorsi di istruzione e formazione, l’accesso universale al sistema di connessioni, la protezione e l’inclusione sociale sono tra le maggiori priorità di investimento, in quanto diritti primari da garantire con un rafforzamento dei sistemi pubblici. Assume un ruolo fondamentale l’investimento nell’intera filiera delle infrastrutture e dei servizi territoriali: servizi sanitari, socio-sanitari, socio-assistenziali, educativi, servizi pubblici locali, politiche abitative, strumenti di contrasto alla povertà, politiche attive del lavoro.
Le diverse crisi, e la progressiva svalorizzazione e precarizzazione del servizio e del lavoro pubblico, hanno prodotto un forte arretramento dei sistemi pubblici anche in regioni ricche e “virtuose” come il Veneto. Dal 2013 più di mille posti letto in meno negli ospedali pubblici, comprese le terapie intensive, a fronte di un aumento in quelle private, quasi 600 nelle lungodegenze; circa 500 non attivati rispetto ai programmati nelle strutture intermedie (ospedali di comunità, unità riabilitative, etc.); poco più di 30mila nelle Case di riposo accreditate su 200mila anziani non autosufficienti; 7mila rette non coperte dal contributo regionale per la quota sanitaria.
Alla riduzione di posti letto si aggiungono forti carenze nei sistemi di prevenzione, screening, tracciamento e continuità assistenziale, un presidio molto limitato del servizio di Assistenza domiciliare integrata, l’attivazione solo al 20% delle Medicine di gruppo integrate, alti costi di compartecipazione alla spesa e lunghe liste d’attesa nel pubblico, con la spinta verso il “privato” o alla rinuncia alle prestazioni.
Ancora, un consultorio familiare ogni 50mila abitanti anziché ogni 20mila; asili nido e strutture pubbliche per l’infanzia sottodimensionati rispetto alla domanda; carenza di strutture semiresidenziali e diurne per l’assistenza ai soggetti fragili e per la socializzazione degli anziani: sono alcune delle più evidenti criticità nella filiera dei servizi territoriali.
Il 16% della popolazione, circa 800mila persone, in povertà o a rischio di povertà, 500mila cittadini di origine straniera spesso discriminati nell’accesso a servizi essenziali; 15mila domande inevase di alloggi di edilizia residenziale pubblica, quasi 3mila sfratti in attesa di esecuzione, il 95% per morosità incolpevole, un tasso ancora troppo elevato di abbandono scolastico: sono questi alcuni tra i principali indicatori del crescente disagio sociale. Cui va aggiunta una crescita esponenziale delle diverse forme di “lavoro povero” che colpisce soprattutto donne, giovani e immigrati, dai rapporti precari al part time involontario, dalle finte partite Iva ai rider e alle prestazioni a chiamata.
Il superamento di questa regressione e il rafforzamento di tutti gli interventi necessari per la tutela della salute e per l’inclusione sociale devono rappresentare una delle priorità nell’utilizzo dei diversi finanziamenti disposti o programmati, attraverso Piani e Linee d’intervento omogenee a livello nazionale, da declinare a livello territoriale.
La Cgil del Veneto, sulla base delle priorità strategiche nazionali, ha elaborato rivendicazioni precise nei confronti della Regione. Prima di tutto l’incremento strutturale dei posti letto di terapia intensiva e subintensiva; il rafforzamento delle strutture di prevenzione, screening, tracciamento, continuità assistenziale, assistenza domiciliare, telemedicina; la completa attivazione delle strutture intermedie e delle forme aggregative della medicina di base, e la diffusione delle “case della salute”.
Chiediamo la riforma e riorganizzazione del sistema della residenzialità per anziani e non autosufficienti, incrementando numero e valore economico delle rette coperte dal sistema socio-sanitario regionale e incentivando le scelte di gestione domiciliare e le politiche per l’invecchiamento attivo; l’incremento della numerosità e del presidio orario delle strutture semiresidenziali, dei Centri diurni, dei Consultori, dei Centri antiviolenza, degli asili nido, delle scuole materne e dei servizi educativi.
Vanno anche potenziati i servizi sociali dei Comuni e degli Ambiti territoriali per la gestione dei diversi strumenti di contrasto alla povertà e di integrazione dei residenti stranieri, e dei Centri per l’impiego per una maggiore efficacia delle politiche attive del lavoro. Serve inoltre un piano straordinario di incremento dell’Erp: messa a disposizione degli alloggi sfitti, recupero di quelli da ristrutturare e riqualificazione delle periferie urbane.
Infine, due ambiti di intervento correlati indispensabili: un piano straordinario di assunzioni in tutti gli ambiti dei servizi pubblici per un incremento stabile degli organici e delle diverse professionalità; un rilancio e una riconversione green e sostenibile del sistema produttivo, che consenta la crescita quantitativa e qualitativa dell’occupazione. l