Il cambio di passo, da molti invocato con l’insediamento del nuovo governo Draghi, per la scuola ancora non si vede. Anzi nell’immediato ha significato un inasprimento delle misure per far fronte alle varianti del virus che, come affermato dagli epidemiologi, hanno forte diffusione proprio nella fascia dei ragazzi in età scolare (che fino a qualche tempo fa sembrava risparmiata). Per questo, con il nuovo Dpcm del 3 marzo 2021, è stata disposta la sospensione dell’attività scolastica e il ricorso alla didattica a distanza nelle regioni in zona rossa per tutte le scuole, comprese infanzia, primaria e medie, che fin qui erano rimaste in massima parte aperte. Inoltre il nuovo Dpcm ha stabilito la chiusura delle scuole anche nelle regioni in zona gialla o arancione che abbiano un numero di casi Covid-19 pari a 250 ogni 100mila abitanti, e viene data facoltà ai presidenti di Regione di sospendere localmente le attività scolastiche in presenza di un peggioramento del quadro epidemiologico.
Insomma con queste nuove disposizioni una parte significativa delle scuole resteranno chiuse, con un ritorno massiccio alla didattica a distanza per alunni e docenti. Così, esattamente a distanza di un anno dal primo lockdown, come in un micidiale gioco dell’oca, siamo tornati al punto di partenza, ovvero alla chiusura delle scuole, a quella che sembrava una misura del tutto eccezionale e momentanea. E che invece, a causa delle cosiddette varianti, si è riproposta tal quale, come se il tempo non fosse passato.
Ma in questo lungo anno molte cose sono accadute e, oltre ai numerosi lutti, sono state sperimentate le negative conseguenze determinate da alcune delle misure adottate per far fronte all’epidemia. È questo il motivo per cui il nuovo Dpcm sta sollevando molte proteste e critiche, in particolare tra le famiglie e gli studenti che vedono nuovamente compromesso il diritto all’istruzione, e scaricate sulle proprie spalle le conseguenze della chiusura delle scuole.
Per i genitori, specie le donne su cui più spesso ricade il lavoro di cura, si ripropone la necessità dei congedi parentali per assistere e affiancare i propri figli, in particolare quelli più piccoli di età, durante le lezioni a distanza. Per gli alunni si ripresentano le difficoltà già vissute durante il primo lockdown, e solo in parte risolte: quelle di tipo tecnico - quali la mancanza di connessione alla rete internet o di dispositivi digitali adeguati - ma soprattutto quelle di natura pedagogica, psicologica e sociale.
E’ forte il rischio che anche l’anno scolastico in corso, dopo quello precedente, possa risultare fortemente compromesso, con tutto ciò che questo comporta soprattutto per gli esiti formativi degli alunni socialmente e culturalmente più fragili e svantaggiati.
Per prevenire questa nuova chiusura delle scuole si poteva e doveva fare di più e soprattutto per tempo. Prima di tutto più efficaci misure di sicurezza all’interno delle scuole (più dispositivi di protezione, più spazi, più organici) e a supporto delle scuole (più tracciamenti e tamponi per il personale, più trasporti per gli alunni). Occorreva un piano vaccinale dedicato al personale scolastico, invece ad oggi siamo ancora a 200mila vaccinati su oltre un milione di addetti, con la seconda dose – quella che garantisce la massima protezione - che verrà somministrata dopo 12 settimane, ovvero ad anno scolastico ormai concluso.
A proposito di calendario scolastico, appare del tutto inadeguata oltre che pretestuosa la proposta di prolungare l’anno scolastico oltre la conclusione prevista, come se due settimane di didattica in più – magari a distanza - potessero bastare per recuperare i ritardi cumulati in questi ultimi due travagliati anni di scuola. Ciò che serve sono invece interventi strutturali in grado di dare risposta tanto ai vecchi che ai nuovi problemi della scuola determinati dalla pandemia, come la stabilizzazione fin dal 1° settembre di oltre 200mila posti di lavoro attualmente coperti con personale precario; come la diminuzione del numero di alunni per classe al fine di garantire non solo il necessario distanziamento ma soprattutto un intervento didattico individualizzato, per recuperare i ritardi cumulati. Da ultimo, ma non per ultimo. il rinnovo del contratto della categoria, scaduto ormai da oltre due anni.
Per la chiusura di bar e ristoranti sono state stanziate ingenti risorse per i ristori economici. Per la chiusura delle scuole sarà possibile prevedere per alunni e studenti i necessari ristori educativi e didattici?