La Cgil ha deciso nel suo Direttivo nazionale, forte delle sue proposte e della sua coerenza, di non abdicare al ruolo e alla funzione di sindacato generale di rappresentanza sociale, lanciando una mobilitazione contro i contenuti e l’impostazione della manovra del governo. Come fece il 16 dicembre 2021, quando insieme alla Uil fu indetto uno sciopero generale contro la finanziaria del governo Draghi.
Abbiamo le carte in regola per sostenere le nostre rivendicazioni, per costruire la mobilitazione generale di prospettiva, per indire scioperi di contrasto all’impostazione culturale e ai contenuti antisociali e classisti della finanziaria del governo Meloni. Lo scontro politico, economico, sociale e culturale è di ordine generale, non sarà di breve durata e come tale deve essere affrontato e costruito per reggere. Per recuperare consenso e unità del mondo del lavoro e tra le pensionate e i pensionati, le cittadine e i cittadini.
La Cgil deve respingere gli attacchi e le accuse contenute nel documento nazionale della Cisl. Siamo a un cambio di fase nel rapporto tra i sindacati confederali, e l’attacco al valore del conflitto e all’autonomia sindacale è evidente: una scelta di rottura strategica di un sindacato che sta diventando sempre più filo governativo e corporativo, e sta costruendo politicamente un asse con Ugl a sostegno del governo di destra. È una scelta irresponsabile, un colpo al sindacalismo confederale e all’unità del mondo del lavoro.
La situazione economica e sociale del paese è grave, la recessione è alle porte e l’inflazione mangia salari poveri e pensioni da anni, senza rivalutazione. Il sistema produttivo, sempre più fragile davanti alla carenza di materie prime, ai costi energetici e in mancanza di una politica industriale, è a rischio. Siamo in una crisi di sistema e di accumulazione capitalistica, segnata dallo scontro latente tra imperialismi, tra Usa e Cina. A breve, se non si fermerà la guerra, se non si cambieranno le politiche economiche, sociali e ambientali in Italia e in Europa, se non si redistribuirà la ricchezza andando a recuperare risorse dove si accumulano da decenni, tutto peggiorerà. Senza risorse nuove il governo, per stare nei parametri di Maastricht che la Ue ha ribadito e imposto, sceglierà ancora i tagli ai servizi pubblici, allo stato sociale, al sistema previdenziale.
Siamo davanti a un governo di destra che con la legge di bilancio conferma la sua natura liberista, classista e antioperaia. La prima finanziaria del governo Meloni è coerente con una visione di società e di progresso incentrata sul motto conservatore e padronale del “non disturbare chi vuole fare”.
Il governo, già dai primi provvedimenti, sta dimostrando la sua natura ideologicamente e socialmente oscurantista e illiberale, reazionaria, crudele con i deboli e i meno abbienti, con i disoccupati, con le donne, con gli immigrati e con chi salva le vite in mare. Un vero darwinismo sociale. Come denuncia la Cgil, è una finanziaria sbagliata che non intacca privilegi e non affronta le priorità e le emergenze di un paese fragile, ingiusto e diseguale.
Le promesse preelettorali si sono tradotte in provvedimenti che guardano agli interessi corporativi di un ben definito blocco sociale: distribuiscono briciole togliendo risorse ad altri per alimentare una guerra tra poveri; colpiscono i percettori del reddito di cittadinanza e ridurranno il numero dei poveri che ne potranno usufruire (si parla di 600mila persone che saranno spinte alla fame); toglieranno il diritto alla perequazione a chi è andato in pensione con 40 anni di lavoro e versamenti contributivi. Sono riapparsi i voucher, strumento di sfruttamento e di negazione dei diritti di chi lavora, uno schiaffo alla legalità, alla Cgil, che aveva spinto il Parlamento a revocarli per impedire il referendum abrogativo per il quale avevamo raccolto tre milioni di firme.
La riforma fiscale si traduce ancora in condoni. Con l’aumento del contante e il pagamento con denaro si agevolano gli evasori, il riciclaggio, la criminalità organizzata, si accentua la diversificazione della tassazione tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, incoraggiando ad accettare lavoro a partita Iva invece che dipendente. Si incentiva la rinuncia a tutte le garanzie (di continuità del posto di lavoro, di diritto alla malattia e alle ferie, ai benefici dei contratti collettivi), e si porta un colpo al sistema di tassazione e contribuzione che ad oggi consente uno stato sociale universale.
È in atto un processo di privatizzazione del sistema sociale e dei servizi pubblici, del Sistema sanitario nazionale e dell’istruzione pubblica con una costante riduzione di spesa. Una continuità con l’agenda sociale e mercantile del governo Draghi, bellicista e servile verso gli Stati Uniti, pronto a rifinanziare, purtroppo con il voto del Pd, ulteriori invii di armi e a fomentare l’intensificazione del conflitto.
Noi continuiamo a dire, a gridare “Pace subito” in continuità con le manifestazioni del popolo della Pace.
Con l’autonomia differenziata e il presidenzialismo si innesta la rottura dell’unita del paese e della solidarietà, colpendo mortalmente il Mezzogiorno, sotto la spinta della secessione fiscale richiesta dalle Regioni del nord, in uno scenario da “si salvi chi può”. Si avvia lo smantellamento delle conquiste e dei diritti sociali e civili, la menomazione della civiltà giuridica, dei valori di eguaglianza nella differenza e di libertà delle donne, della Costituzione repubblicana e antifascista.
Contro questo disegno reazionario la Cgil saprà costruire una mobilitazione generale, tenendo insieme il particolare che interessa la condizione materiale dei cittadini, dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani.
La Cgil ha potenzialità da valorizzare, alleanze sociali da consolidare, rapporti politici da costruire con autonomia di azione e di pensiero. Abbiamo consapevolezza delle difficoltà e dei rapporti di forza in campo, ma siamo determinati a resistere, a continuare e a reggere nel tempo, per la nostra storia e per il popolo che rappresentiamo. Siamo la Cgil.