Hebe de Bonafini: la resurrezione di 30.000 desaparecidos - di Massimo Carlotto

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Hebe de Bonafini era nata nel ’28. Figlia di un cappellaio, aveva lasciato presto la scuola per diventare tessitrice. Si era sposata con un meccanico e avevano cresciuto tre figli, due maschi e una femmina. “Non li capivo quando parlavano di politica” mi disse quando l’intervistai.

Jorge, il maggiore venne sequestrato dai militari golpisti l’8 febbraio del ’77. A dicembre scomparve Raul. Hebe militava già nelle Madri. “Da allora la mia vita è cambiata, io stessa sono diventata un’altra persona. Tutto quello che ho imparato, l’ho imparato lottando in piazza, insieme alle altre Madri. Abbiamo condiviso la nostra maternità e io adesso mi sento madre di tutti i trentamila desaparecidos. Ho capito le ragioni dei miei figli e oggi sono fiera di essere la madre di due rivoluzionari perché io stessa sono una rivoluzionaria”.

E lo era davvero. Hebe ha guidato dal ’79 un gruppo di Madri che si è sempre distinto per il rigore delle posizioni politiche. Scelte spesso non condivise che hanno ovviamente portato a una frattura, da una parte Hebe, dall’altra le Nonne di Estela Carlotto e le Madri della Linea Fundadora.

La spaccatura era avvenuta su un nodo cruciale: i processi. L’organizzazione di Hebe ha sempre rifiutato una soluzione giudiziaria come strumento per scoprire la verità sui desaparecidos e punire i colpevoli. Tantomeno considerava giusta la ricerca dei figli degli scomparsi rapiti, venduti o adottati dai carnefici. “Ora sono diventati uomini e donne e, nel caso scoprano la loro vera identità, sta a loro decidere cosa fare della loro vita”. E i risarcimenti per Hebe non erano altro che mera prostituzione (“Il capitalismo prima ti ammazza, poi ti risarcisce”).

Una posizione radicale ma chiara. Le Madri nella nuova democrazia argentina divennero vera e propria forza politica su posizioni rivoluzionarie e internazionaliste, che pretendeva la punizione dei colpevoli della desapariciòn tanto quanto la conquista del potere.

Hebe era capace di sconvolgere l’opinione pubblica con dichiarazioni molto forti, che la resero invisa anche a una parte della sinistra argentina. Nonostante le divisioni, le associazioni che riuniscono tuttora Madri, nonne, parenti degli scomparsi e sopravvissuti sono riuscite a mantenere una sinergia positiva che ha portato grandi risultati non solo nel campo della punizione di un certo numero di colpevoli (grazie ai processi), ma anche sul terreno delle lotte sociali. Erano e continuano a essere un punto di riferimento importante della società argentina.

Hebe era un leader naturale e carismatica. Capace anche di scelte profondamente sbagliate, ma sempre pronta a pagare di persona (anche sul piano personale) ed è stata in grado di forgiare una generazione di Madri e poi di giovani attraverso una vera e propria formazione, non solo ideologica ma soprattutto culturale. In fondo le Madri, anche se di diversa estrazione, erano soprattutto casalinghe, prive degli strumenti classici della militanza. Le “Charlas de las madres”, il momento di dibattito e confronto su ogni tema possibile, aperto a tutti, è diventato nel tempo fondamentale per una cultura condivisa.

Ricordo che quando intervistai Hebe mi disse una cosa molto forte ma necessaria per capire lo spirito delle Madri: “Io non li ricordo né torturati, né uccisi: Li ricordo vivi! Ogni volta che mi metto il fazzoletto sento il loro abbraccio affettuoso. In Plaza de Mayo, nella nostra piazza, ogni giovedì si riproduce il vero e unico miracolo della resurrezione: noi incontriamo i nostri figli”. Il lutto non risolto dei figli scomparsi per l’assenza di un funerale, di una tomba dove razionalizzare il dolore, esorcizzato in un rito collettivo, ripetuto settimana dopo settimana. Un modello poi riproposto a livello internazionale. Un giorno ad Algeri mi capitò di essere portato in una piazza dove altre Madri chiedevano verità e giustizia per altri figli scomparsi, combattenti salafiti catturati durante la guerra civile che insanguinò il Paese dal ’91 al 2002.

Ora Madres e Abuelas sono sempre di meno, il tempo che passa è inesorabile e quando una di loro se ne va, il dolore è sempre lo stesso per tutti coloro che le hanno amate e conosciute. Che si chiamino Hebe de Bonafini o Delia Giovanola, mancata a luglio, instancabile nonna che riuscì a incontrare suo nipote Martín dopo quarant’anni di lotte.

In questo periodo di Hebe si dice e si scrive molto, spesso a sproposito. Una cosa è certa: dal ’79 a oggi ha impedito all’Argentina di dimenticare i 30.000 desaparecidos.

 

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