In preparazione della grande manifestazione nazionale, tra il 20 e il 23 ottobre centinaia di mobilitazionI decentrate promosse dalla coalizione “Europe for Peace”.
Otto mesi di guerra dentro l’Europa sono una realtà inaccettabile. Se a questo aggiungiamo il rischio di una guerra nucleare, ci domandiamo se questa non è pura follia.
L’invasione e l’aggressione dell’esercito russo al territorio ucraino hanno messo a nudo le debolezze, se non l’assenza di una visione politica da parte delle istituzioni europee e, soprattutto, dei suoi Stati membri incapaci di gestire per le vie politiche, economiche, commerciali, diplomatiche le relazioni di buon vicinato e di integrazione regionale con l’ex-potenza sovietica.
Dal 1991, anno di scioglimento dell’Unione sovietica e nascita della Comunità di Stati Indipendenti, l’Occidente ha privilegiato gli affari e le forniture di materie prime per alimentare la propria economia e i consumi, stringendo accordi e stipulando contratti con le nuove oligarchie, piuttosto che investire nella trasformazione di quella società verso una la democrazia e lo stato di diritto. Errori che oggi paghiamo tutti, gli ucraini in quanto popolazione vittima di una brutale aggressione ed occupazione militare, noi tutti per essere entrati senza alcuna preparazione in una economia di guerra.
Per il movimento della pace e del disarmo, di cui la Cgil è parte, è stato chiaro sin dal primo giorno dell’invasione che la priorità era e rimane l’assistenza alla popolazione ucraina, e che non esiste una “guerra giusta” che possa giustificare il costo di vite umane, violenze, stupri, distruzioni.
L’assenza di un’azione politica autorevole per il cessate il fuoco, mettendo al tavolo del negoziato Russia e Ucraina, ha quindi determinato l’escalation del conflitto militare, arrivando a paventare l’uso dell’arma nucleare o dell’incidente nucleare. La cui sola minaccia di per sé potrebbe essere considerata già come un crimine contro l’umanità.
Ed è oramai chiaro a tutti che la posta in palio non è l’Ucraina, e che lo scontro non è tra un esercito invasore, quello russo, ed uno Stato che si difende con ogni mezzo, quello ucraino. Lo scontro è tra potenze militari nucleari i cui disegni geopolitici aspirano a controllare intere regioni, se non l’intero pianeta e le sue risorse. Una guerra giocata su diversi piani, militare, tecnologico, economico senza più esclusione di colpi, dove il sistema multilaterale e delle Nazioni Unite è messo ai margini, irrilevante, escluso.
Una strada, questa che va fermata perché foriera di sicuri disastri e di continue crisi. Lo si vede e lo si subisce nella nostra società con il caro-bollette, l’inflazione, l’arretramento del processo di transizione ecologica, l’aumento delle povertà, le aziende in crisi e la perdita di posti di lavoro.
Per queste ragioni siamo chiamati a scendere in piazza a mobilitarci insieme, unendo le tante diversità della nostra società per fermare questa corsa al riarmo e la follia della minaccia nucleare.
Dalle giornate di mobilitazione diffusa del fine settimana scorso (20-23 ottobre), abbiamo visto come le piazze di 100 città hanno risposto all’appello della coalizione ‘Europe for Peace’, una rete che ha unito associazioni, sindacati, laici e cattolici, per chiedere il cessate il fuoco subito, l’impegno degli Stati per la soluzione politica attraverso il negoziato e rilanciando il ruolo dell’Onu, unica entità terza, legittimata a difendere e garantire sicurezza, diritti umani, benessere per tutte le persone e tutte le popolazioni.
Una mobilitazione decentrata che ha preparato quella che sarà la grande manifestazione nazionale per la pace convocata per il 5 novembre prossimo a Roma, con una piattaforma condivisa da Cgil, Cisl, Uil e da un ampissimo arco di associazioni, che partirà da piazza Repubblica per attraversare le vie della capitale e raggiungere piazza San Giovanni in Laterano. Sarà questo un messaggio forte e chiaro alle nostre istituzioni affinché assumano l’agenda della pace che il popolo italiano chiede a gran voce.