La manifestazione nazionale Cgil Cisl Uil a Roma per la sicurezza sul lavoro.
Nel 2022 da inizio anno si contano in Italia 600 morti, oltre 400mila infortuni. Nella sola Lombardia si contano 110 infortuni mortali. Numeri certamente da verificare, sarà necessario correlare l’andamento negli anni di questi indici anche in relazione al numero effettivo di lavoratori e ore lavorate. Ma dietro i numeri stanno le persone, storie di vita spezzata, perché l’infortunio modifica profondamente la vita psicofisica delle persone, e quando si verifica una morte, lascia i sopravvissuti in cerca di risposte.
Ci può essere una giustificazione a una morte sul lavoro, non fare ritorno facendo il proprio dovere? Ci si può abituare al fatto che l’attività economica si possa accompagnare con questi eventi? Perché oggi si corre il rischio di assuefazione a un fenomeno che non è mai fatalità, mai imprevedibile. Ha sempre chiare responsabilità nell’omissione dolosa di misure di prevenzione, nel non adottare tutte le cautele possibili a salvaguardare la dignità del lavoro. Una lesione del diritto costituzionale oltre che un dovere morale e civile. Non basta interrogarsi sulla statistica o sulle cause, è necessario invertire in modo radicale l’indice infortunistico e azzerare gli omicidi sul lavoro.
La soluzione radicale passa attraverso la cultura della sicurezza, a partire dagli ambiti di vita e dalla formazione scolastica. Non basta applicare regole o norme a posteriori, non è possibile che la formazione su queste tematiche sia saltuaria e discontinua e che ci siano figure chiave della prevenzione che non hanno obblighi formativi, a partire dai datori di lavoro.
La tutela dell’integrità psicofisica è prima di tutto un fatto culturale.
Abbiamo richieste chiare e precise verso le istituzioni a partire dall’aumento delle ispezioni, sia da parte delle Asl che dagli ispettorati del lavoro, garantire funzionalità a questi servizi anche per la progettazione di specifici interventi preventivi, come i piani mirati di prevenzione operativi in Lombardia e diffusi in altre regioni.
Il fronte ispettivo è solo una deterrenza, occorrono scelte incisive. Le scuole devono garantire percorsi formativi per tutto il ciclo di istruzione, dalla primaria alla formazione professionale. Qualsiasi forma di stage, tirocinio formativo o forma di apprendistato deve essere preceduta dal possesso delle specifiche competenze. Non è concepibile farsi male durante queste attività di “addestramento” al lavoro, esattamente per prevenire l’assuefazione al rischio ormai troppo diffusa nella attività produttiva, come dimostra il dato infortunistico.
Ma i principali responsabili di questo fenomeno sono i datori di lavoro, sono loro i soggetti che devono farsi garanti delle condizioni di salubrità e sicurezza, e devono subire penalizzazioni se provocano danni ai loro dipendenti, anche attraverso un sistema di qualificazione delle stesse imprese.
La partecipazione attiva dei lavoratori alla prevenzione è l’elemento chiave per garantirne l’efficacia, quindi fondamentale è tutto il percorso di coinvolgimento, anche attraverso i loro rappresentanti, dalla individuazione dei rischi alla adozione di adeguate ed efficaci misure di prevenzione.
Queste sono le motivazioni che ci hanno portato alla mobilitazione, con iniziative diffuse sul territorio, assemblee con lavoratrici e lavoratori, attivi con Rls e Rlst, presidi davanti alle Prefetture, a cui chiedere risposte precise, manifestazioni di piazza, fino alla manifestazione nazionale del 22 ottobre a Roma.
Questa è solo un’ulteriore tappa in un percorso che proseguiremo con forza e tenacia, fino a che non avremo azzerato gli infortuni.