“L’estate sta finendo e un anno se ne va”. Le parole di questa vecchia canzone sono perfette per descrivere la situazione di questa fine estate. Un’estate segnata da temperature record e siccità, anche con lo scioglimento dei ghiacciai - ricordiamo il crollo di un enorme porzione del ghiacciaio della Marmolada che ha causato 11 morti - da incendi e ondate di calore. Fenomeni che mostrano inequivocabilmente che il cambiamento climatico non è un problema la cui soluzione può essere demandata alle prossime generazioni, e non riguarda solo il sud del mondo.
L’emergenza climatica è qui e ora. Anche in Italia uccide e produce miliardi di danni. Eppure, finisce l’estate, passa un altro anno, il tempo indicato dalla scienza per il radicale cambiamento necessario a contenere l’incremento della temperatura entro 1,5°C si sta esaurendo. E il governo continua a tergiversare. Anzi, la crisi dei prezzi energetici, scattata già a fine 2021 e aggravata dalla guerra Russia-Ucraina, sta ulteriormente rallentando il percorso di abbandono delle fonti fossili. Per ridurre la dipendenza dalla Russia gli sforzi del governo si sono concentrati prevalentemente sulla diversificazione degli approvvigionamenti di gas, sullo sfondo il rinvio dell’uscita dal carbone e un’effimera produzione nazionale di gas. Tutti parlano di clima e di rinnovabili, ma la partita energetica del governo si gioca quasi tutta nel campo delle fonti fossili, con qualche nostalgico del nucleare.
L’informazione raramente ha messo in luce il collegamento tra quanto successo quest’estate e il cambiamento climatico, con le cause del riscaldamento globale (uso di fonti fossili, deforestazione, allevamenti intensivi, ecc.) su cui occorre intervenire. L’appello degli scienziati “Un voto per il clima”, che nel mese di agosto ha raccolto oltre 200mila firme, non ha scalfito in alcun modo i piani del governo, né tanto meno i programmi elettorali dei maggiori partiti. Eppure i numeri dovrebbero farci riflettere seriamente: l’aumento della mortalità dovuta alle ondate di calore a luglio ha toccato il +20%; Coldiretti stima che per maltempo e siccità le perdite del 2022 saranno di 6 miliardi, pari al 10% della produzione nazionale; in un secolo la disponibilità di acqua in Italia è diminuita di circa il 20% ma le stime dell’Ispra dicono che al livello attuale di emissioni di Co2 nel 2100 ci potrebbe essere una riduzione del 40% della disponibilità idrica nazionale; gli incendi, favoriti da temperature attorno ai 40°C, hanno toccato punte di cinque grandi roghi ogni giorno, con migliaia di ettari di boschi e campi bruciati.
Sono indispensabili ed urgenti politiche e azioni di adattamento e di mitigazione del cambiamento climatico. Azioni che non devono avere il carattere dell’emergenzialità e della riparazione del danno, ma essere frutto di una pianificazione e programmazione strutturale, finalizzata alla resilienza e alla prevenzione. Uso razionale dell’acqua, da perseguire a partire da una legge per la gestione pubblica e partecipata dell’acqua bene comune; piano di adattamento al cambiamento climatico; realizzazione di impianti di depurazione, riutilizzo delle acque reflue, riduzione delle perdite delle reti idriche (circa il 40%); prevenzione del rischio idrogeologico; piccoli invasi per la raccolta delle acque, ecc. Contemporaneamente è urgente la mitigazione del cambiamento climatico, riducendo drasticamente le emissioni di gas ad effetto serra in tutti i settori, passando da un’economia lineare ed estrattiva ad una circolare e rigenerativa, accelerando la transizione ecologica ed energetica verso una trasformazione radicale e profonda del sistema che rispetti i limiti del pianeta e garantisca equità, giustizia sociale, diritti e lavoro.
Dobbiamo spingere la ricerca e lo sviluppo delle filiere nazionali dell’economia circolare, dell’efficienza energetica, delle rinnovabili, dei sistemi di accumulo e delle smart grid, la produzione da rinnovabili e l’elettrificazione dei consumi. Servono una strategia di politica economica e un forte intervento pubblico con funzioni di indirizzo e coordinamento che guidi la transizione verde e digitale, e in cui le grandi aziende partecipate siano protagoniste del processo di riconversione.
E invece, la siccità si accavalla alle piogge violente che impattano su un terreno arido con minore capacità di assorbire l’acqua piovana, aumenta il rischio di inondazioni, di danni e perdite umane. L’autunno ci troverà di nuovo impreparati, faremo ancora una volta la conta di morti, danni da frane, dissesto idrogeologico e inondazioni. Il tempo scorre inesorabile e non c’è l’accelerazione della riconversione ecologica e sostenibile tanto urgente e necessaria quanto ricca di prospettive e opportunità positive, per il clima, l’ambiente, la salute, l’occupazione, la sovranità energetica e la riduzione dei costi delle bollette. Per questo continuiamo la nostra lotta per una giusta transizione e la piena occupazione: è una priorità per il mondo del lavoro, per la giustizia sociale, per il benessere del pianeta e di chi lo abita.