La relazione annuale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl) contiene dati ed elementi cruciali per leggere tendenze e dinamiche della condizione dei lavoratori e delle lavoratrici. Al tempo stesso, fornisce un quadro sintetico sui reati e sulle violazioni in materia di legislazione sul lavoro, restituendo la parte in chiaro, la parte emersa del lavoro sommerso e quella dello sfruttamento lavorativo in Italia.
Su 84.679 ispezioni compiute da Inl, Inps e Inail nel 2021, in leggero aumento rispetto al 2020, sono 58.146 le irregolarità definite. L’aumento più netto riguarda il numero di lavoratori tutelati, saliti nel 2021 a 480.119 dai 267.677 del 2020.
Nel complesso, i risultati sul contrasto al lavoro sommerso confermano come esso sia una componente strutturale del mercato del lavoro italiano: su 59.362 lavoratori occupati in modo irregolare, la presenza di lavoratori in nero è stata rilevata nel 39% delle ispezioni con esito irregolare, coinvolgendo 15.150 lavoratori. I lavoratori in nero si concentrano soprattutto in agricoltura, nei servizi di alloggio e ristorazione e nel manifatturiero. Fra i lavoratori senza contratto, i lavoratori migranti privi di permesso di soggiorno sono pari a 739.
Nel 2021 sono state ordinate 3.971 sospensioni dell’attività imprenditoriale, di cui oltre il 91% per l’accertamento di lavoratori in nero e il 9% circa per violazioni delle norme su salute e sicurezza.
La relazione contiene informazioni specifiche sul reato di intermediazione illegale e di sfruttamento lavorativo (art. 603 bis c.p.), introdotto dalla l.199/2016. Pur se parziali e incompleti, i dati dovrebbero essere diffusi e valorizzati nell’analisi e nel dibattito sindacale, in quanto palesano le pratiche più feroci agite verso la forza-lavoro (assenza di contratto, intermediazione illegale, violazioni prolungate dell’orario di lavoro e della retribuzione, condizioni alloggiative degradanti, minacce e violenza). Il numero di persone arrestate e denunciate ai sensi di questo reato è diminuito nel 2021 rispetto al 2020, ma rimangano valori significativi: gli imprenditori e i caporali arrestati per questo reato salgono da 31 nel 2017 al massimo di 154 nel 2019, per poi assestarsi a 61 nel 2020 e a 54 nel 2021. Anche il numero di persone denunciate aumenta in modo significativo nel periodo: da 94 nel 2017 a 418 nel 2021, con un picco di 478 nel 2020.
Nelle ispezioni del 2021 sono emerse ben 2.192 vittime di sfruttamento lavorativo (in aumento del 18% rispetto al 2020), di cui 380 lavoratori migranti senza permesso di soggiorno e 1.680 lavoratori in nero.
Negli ultimi due anni, l’agricoltura si conferma il settore maggiormente a rischio, con poco meno del 60% dei casi accertati nel 2020 e nel 2021, seguita in entrambe le annualità dalle attività manifatturiere. Nel 2021 le vittime di grave sfruttamento lavorativo accertate aumentano lievemente nel commercio e in altri comparti produttivi.
In sintesi, questi dati confermano quanto altre fonti qualificate (Osservatorio Placido Rizzotto di Flai Cgil, Osservatorio Nazionale Antitratta, progetti del Terzo Settore contro lo sfruttamento lavorativo e il caporalato, ass. Altro Diritto) e ricerche sul campo evidenziano da tempo. In primo luogo, i fenomeni di caporalato e di sfruttamento lavorativo interessano ormai quote significative della forza-lavoro. In secondo luogo, se rimane vero che nel settore agricolo viene individuato il maggior numero di vittime, poco meno della metà dei casi di sfruttamento si verifica in altri comparti produttivi. Questa diversificazione per ambiti produttivi mette in evidenza due elementi: da un lato, la presenza di modelli d’impresa fondati sulla compressione dei salari e dei diritti, che spesso si sovrappongono alle infiltrazioni e agli interessi delle reti criminali nell’economia legale; dall’altro, la diffusione di forme di grave sfruttamento verso la forza-lavoro in comparti fino a qualche anno fa considerati protetti, tutelati.
In definitiva, i dati dell’ultima relazione annuale di Inl segnalano come sia errato interpretare l’elevato numero di lavoratori oggetto di caporalato e sfruttamento lavorativo come un’emergenza o una fatalità. Piuttosto, dovrebbe essere chiaro come lavoro sommerso, precarietà, sfruttamento lavorativo si intreccino e si sostengano a vicenda. Anche a causa di questa combinazione in Italia la dinamica salariale è da decenni negativa, e l’area del lavoro povero continua ad aumentare.
Non è certo solo sul versante repressivo che questa lotta di lunga durata può essere vinta, ma piuttosto incidendo, in positivo e in profondità, sulle complesse condizioni materiali che creano, e che riproducono, le forme di grave sfruttamento lavorativo. In altre parole, per combattere le cause e le radici del caporalato è necessaria una mobilitazione sindacale vasta e ambiziosa, che non separi il tema dello sfruttamento lavorativo dalla lotta al lavoro povero e alla precarietà.