Per la piena autonomia della Camera del Lavoro di Catania - di Tuccio Cutugno, Claudio Longo, Valentina Ruffino, Turi Siracusa

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Ancora una volta la Camera del Lavoro di Catania viene involontariamente coinvolta in una vicenda di trasformismo politico che interessa il Pd etneo: una parte di quel gruppo che si autodefiniva la “corrente della Cgil nel Pd” ha deciso, alla vigilia della presentazione delle liste, di abbandonare il partito e di candidare uno di loro (ex segretario della Cgil catanese) nella lista di un singolare personaggio locale, esponente del più rozzo qualunquismo populista.

Tutto ciò conferma in pieno quanto da noi denunciato con forza in questi ultimi periodi, quanto segnalato con interventi e iniziative, e mai preso seriamente in considerazione dagli organismi della nostra organizzazione. Un male oscuro che ha minato in passato la nostra organizzazione sindacale dal suo interno, che ne ha inquinato gli organi dirigenti, che ne ha compromesso pesantemente le scelte politiche e la situazione finanziaria.

L’aver impegnato la Cgil catanese nelle competizioni elettorali al fine di eleggere un proprio rappresentante nel parlamento siciliano non ha rafforzato il sindacato o gli interessi del mondo del lavoro, né ha dato tribuna alla voce del popolo oppresso. Ha invece generato una mutazione genetica nella natura stessa della nostra confederazione a livello locale. Ha indotto il gruppo dirigente a trasformare la Camera del Lavoro in un collettore elettorale, con tutte le degenerazioni che tale scelta comportava.

I componenti degli organismi dirigenti, a tal fine, erano selezionati sulla base della fedeltà politica e allo stesso modo i responsabili delle maggiori categorie. Così che, nel corso degli anni, si è raggiunto il massimo della omologazione e la quasi unanimità nei gruppi dirigenti e negli organismi statutari. Ne sa qualcosa chi di questa storia, come qualcuno di noi, è stato parte importante.

Allo stesso modo, in questo contesto, le scelte di strategia sindacale sono piegate agli interessi di partito, come è accaduto quando la Cgil di Catania si è spesa a sostegno della peggiore sindacatura cittadina, di cui peraltro è stata partecipe attraverso l’indicazione di un suo rappresentante in giunta. Allo stesso modo, il rapporto con le controparti e le risorse finanziarie del sindacato sono state subordinate ai fini della raccolta dei consensi e dei voti.

Così la Camera del Lavoro ha perso negli anni di credibilità e di autorevolezza, determinando anche nella situazione economica una condizione di fragilità e di incertezza, con sfiducia e rassegnazione nell’apparato e tra la base. Tuttavia, mentre è mancato il ruolo degli organismi regolatori, questo sistema perverso di potere sindacale alla fine è collassato.

Come noi stessi, attraverso le nostre analisi, avevamo anticipato, la mancata elezione dell’esponente di punta del gruppo alle regionali del 2017 ha iniziato a sgretolare quel complesso meccanismo del consenso interno ed esterno. Infine, la scelta politica odierna di questo gruppo di cambiare casacca in questo modo maldestro, se lascia rammarico e tristezza, comunque libera l’organizzazione, la Cgil di Catania, da condizionamenti nonostante tutto ancora presenti. La fuoruscita dal mondo della sinistra di personaggi che hanno avuto (e forse hanno ancora) riferimenti e collegamenti interni all’organizzazione crea adesso le condizioni per cui la Camera del Lavoro possa liberarsi definitivamente di quel che restava di questo passato negativo. Noi ci saremo come sempre a fare la nostra parte.

Spetta infine alla Cgil nazionale, adesso più che mai, aiutare l’organizzazione catanese a superare un passato di collateralismi politici e a recuperare appieno il suo ruolo e la sua capacità politica e sindacale di rappresentanza delle lavoratrici e dei lavoratori in un percorso di cambiamento politico e sociale.

 

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