In occasione dei vent’anni di pubblicazioni del “Rapporto sui diritti globali”, presentato alla Camera del Lavoro di Milano l’ultimo volume “Stato dell’impunità nel mondo 2021 – Un altro mondo è possibile”.
Il “Rapporto sui diritti globali”, realizzato dall’Associazione Società INformazione, ha compiuto 19 anni nell’edizione italiana e il secondo compleanno in quella in lingua inglese, presentata lo scorso 10 maggio al Parlamento europeo.
Il 16 maggio lo abbiamo invece presentato alla Camera del Lavoro di Milano, con l’intervento, tra gli altri, del segretario generale della Confederazione Europea dei Sindacati (Ces), Luca Visentini. Iniziative a carattere internazionale, a sottolineare come non sia possibile assicurare i diritti umani, sociali, sindacali e ambientali mettendoli in contrapposizione: il conflitto tra sfere diverse di diritti, la loro affermazione in un paese a discapito di altro, esattamente come ogni altra guerra propriamente intesa, non residua vincitori e vinti, ma solo sconfitti da tutte le parti.
Sono state entrambe occasioni, a guerra in Ucraina in corso da mesi, per fare il punto sulle crisi globali a livello economico, sociale, sanitario, ambientale e umanitario, il cui intreccio sinergico rende evidente una più complessiva crisi di sistema. Tutte queste crisi, che interagiscono tra loro, sono ora approfondite dalla guerra, che le contiene e alimenta tutte.
In questo quadro, il sistema della guerra, il ‘warfare’, ha mostrato una repentina capacità di dirottare enormi risorse pubbliche, sottraendole persino alla riconversione ecologica. È, difatti, un potere capace di silenziare o spodestare i parlamenti, di sostituirsi ai governi nelle grandi scelte. Un sistema che si autoalimenta e autorigenera in perpetuo, producendo e gestendo prima la distruzione e poi la ricostruzione; ma, con la quotidiana escalation, la guerra è ormai a costante rischio di divenire globale e nucleare, che lascerebbe solo il deserto.
Gli effetti devastanti dell’azione del “complesso militar-industriale”, proprio come un fall out radioattivo, sono a vasto raggio e duraturi, a livello sociale, economico e ambientale. Uno di questi è la sottrazione di risorse e di centralità alla lotta ai cambiamenti climatici, già pericolosamente tardiva. La potente, e collegata, lobby delle aziende fossili dietro le quinte della guerra ha ripreso a drenare sussidi, rilanciando persino il carbone. In questi mesi il gigante petrolifero Saudi Aramco è arrivato a una capitalizzazione di 2.430 miliardi di dollari, ha superato Apple ed è prima al mondo, con un valore maggiore dell’intero Pil italiano.
Un’altra ricaduta riguarda i nuovi profughi. Secondo l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel 2021 il numero di sfollati forzati nel mondo aveva superato 90 milioni; ora ha raggiunto il drammatico record di 100 milioni. Con conseguenze anche sulla strage alle porte della “Fortezza Europa”, perché, pur avendo aperto transitoriamente un varco per gli ucraini, continua a essere sigillata per tutti gli altri: nel 2022, sino al 3 giugno, gli scomparsi sono stati 2.358; dal 2014 almeno 49.275, di cui 24.144 nel Mediterraneo. La gran parte sono i fuggitivi dalle tante altre guerre dimenticate e dai lager libici.
L’emergenza legata alla guerra ha poi fatto archiviare non solo la pandemia, quanto ogni riflessione sulla crisi del modello di sviluppo di cui essa è una delle manifestazioni. Assieme a quella ambientale cui è strettamente connessa e in parte derivante, la sindemia rinvia alla necessità di un cambiamento di sistema e di paradigma verso il quale, invece, le pervicaci resistenze non sono state scalfite neppure dagli oltre 6 milioni di vittime per il Covid-19, di cui oltre 166.000 in Italia (ma, secondo autorevoli studi scientifici, la cifra reale delle morti in eccesso nel 2020-2021 sarebbe tripla, intorno ai 18 milioni).
Sono vittime, in molta parte, di politiche e responsabilità precise: del diritto alla salute negato, di un sistema sanitario vulnerato a colpi di privatizzazioni, delle crescenti diseguaglianze sociali, delle catastrofi ambientali, che possono diventare un vero e proprio genocidio. Mentre gli anziani e i più fragili morivano, altri milioni di persone venivano precipitate nella povertà, i lavoratori venivano esposti e sacrificati alle necessità della produzione e del profitto, le diseguaglianze e le iniquità hanno raggiunto livelli inusitati, con 573 nuovi miliardari rispetto al 2020.
Ma sono tanti altri, non meno vitali, gli effetti nascosti della guerra che occorre richiamare, a partire dalla crisi alimentare e le carestie alimentate dalla speculazione finanziaria, dalla generalizzata violazioni dei diritti umani, dal restringimento degli spazi democratici che ogni guerra porta con sé e lascia in eredità. Anche per questo fermare la guerra, tutte le guerre, è un imperativo ineludibile.