Chi vuole ancora credere a un ruolo della sinistra nel mondo deve guardare all’America Latina. Mentre in Europa si fa fatica a rintracciare un’anima soprattutto nei grandi partiti socialisti o comunque di quell’area, vedi il Pd, nel continente della Conquista le occasioni e le proposte non mancano. Più o meno credibili, più o meno efficaci, tutte diverse l’una dall’altra, dal Messico alla Patagonia è tutto un proliferare di proposte, come sempre poco gradite agli Stati Uniti.
È il caso questa volta della Colombia. Il prossimo 29 maggio a Bogotà e dintorni ci saranno le presidenziali, con possibile ballottaggio il 19 giugno qualora nessuno raggiungesse, come è prassi, il 50% più uno dei consensi. I risultati delle elezioni legislative dello scorso 13 marzo hanno parlato chiaro su chi potrà essere il nuovo capo dello Stato di uno dei Paesi più difficili del continente, dove neanche il Nobel per la Pace conferito nel 2016 al presidente Juan Manuel Santos per aver chiuso le ostilità con le Farc, principale gruppo guerrigliero del Paese, ha contribuito a far voltare pagina alla patria di Gabriel Garcia Marquez. Anzi, il nuovo presidente di destra Ivan Duque Marquez, contrario all’intesa, fece precipitare di nuovo il Paese in una drammatica spirale di violenza e gravissime violazioni dei diritti umani.
Le cose ora potrebbero cambiare e in modo radicale. Nelle elezioni legislative del mese scorso - alle quali hanno partecipato circa 18 degli oltre 38 milioni di aventi diritto per eleggere i 108 membri del Senato e i 188 della Camera bassa - accompagnate dalle primarie tra i vari candidati delle diverse coalizioni, è stata la sinistra a prevalere con l’affermazione del Pacto Histórico, coalizione alleata con altre forze come i Verdi, che ha ottenuto 16 senatori e 25 deputati. Mentre a uscirne sconfitto è il partito del presidente Duque, Centro Democrático, che passa da 19 a 14 senatori. In calo anche il partito dell’ex capo dello Stato Álvaro Uribe Vélez, già sotto accusa per frode elettorale e corruzione in atti giudiziari.
Ma a dare la quasi certezza della vittoria della sinistra al primo turno sono stati i risultati delle primarie, dove dei 5,7 milioni che hanno partecipato alla scelta del candidato del Pacto Histórico, ben 4,5 hanno votato per Gustavo Petro, esponente del partito Colombia Umana, già sindaco di Bogotà tra il 2012 e il 2015, che quattro anni fa ha perso al ballottaggio contro Duque. Dovrà battersi contro Federico “Fico” Gutiérrez, che ha raccolto oltre due milioni di voti per la coalizione di destra Equipo por Colombia. Sotto il candidato centrista Sergio Fajardo, che si è imposto nella coalizione Centro Esperanza ma ha raccolto solo 722mila voti.
Petro, ex guerrigliero del gruppo M-19, è arrivato a questo tasso di popolarità dopo aver governato la capitale promuovendo una importante politica sociale, che ha avuto come risultato una diminuzione del tasso di omicidi in una della città più violente del mondo. Oltre a battersi per i diritti dei campesinos e la razionalizzazione dell’agricoltura e combattere il narcotraffico, avrà il compito arduo di riaccendere una qualche speranza intorno agli accordi di pace tra il governo e la guerriglia. Intesa, come abbiamo detto, boicottata dal governo in carica, con un conseguente gravissimo aumento degli omicidi politici, compresi esponenti appunto delle Farc, eliminati dai gruppi paramilitari legati all’esercito.
L’altro valore aggiunto che tornerà utile per l’affermazione della sinistra nel Paese latinoamericano sarà la presenza di Francia Márquez, di origine africana, impegnata nel sociale, che ha raccolto ben 800mila consensi nelle primarie di coalizione, piazzandosi al secondo posto in assoluto. Originaria del Cauca, 39 anni, attivista ambientalista e a favore dei diritti umani, è la rivelazione del voto colombiano ed è stata immediatamente designata come vicepresidente da Petro se dovesse vincere le elezioni. “Accetto questa sfida - ha affermato - a nome di tutte le donne che hanno affrontato guerre, esclusioni, violenze e disuguaglianze, accetto questo impegno con la certezza che faremo questo sforzo con amore ed entusiasmo, ma anche con la responsabilità che richiede l’enorme compito di rendere la Colombia un Paese più giusto”.
L’affermazione di Francia Marquez conferma che la sinistra europea dovrebbe prendere esempio dal coraggio di queste donne e di questi uomini, pronti a battersi contro ostacoli molto più duri e pericolosi dei nostri. In tutto il continente “fare la cosa giusta” può significare rischiare la vita, mentre da noi questo pericolo è molto più limitato. E Petro e Marquez tra i potenti del mondo, a cominciare dagli Usa, di amici non ne hanno molti.