Prima di tutto la pace! - di Sinistra Sindacale

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La guerra torna prepotentemente in Europa dopo la tragedia jugoslava. Le nostre comunità partecipano con sgomento ed incredulità ai sentimenti di angoscia della popolazione civile ucraina. Il nostro primo pensiero solidale va alle vittime, agli inermi la cui vita viene sconvolta dalla violenza dei combattimenti, ai profughi, alla paura dei bambini, alla sofferenza degli anziani e dei malati. In nome di questa sofferenza e della tragedia degli innocenti uniamo la nostra voce a quella di tutte le organizzazioni che chiedono che cessino immediatamente le ostilità, che la Russia arresti l’invasione, e che le Nazioni Unite e l’Europa si facciano promotrici di azioni per creare nuove condizioni di dialogo e diplomazia.

L’allargamento della Nato ad Est è un ostacolo per una pace durevole e duratura; per l’Ucraina la diplomazia internazionale e la mobilitazione dei popoli deve giungere ad uno status di neutralità che ne salvaguardi l’integrità territoriale, e il riconoscimento e tutela delle autonomie interne come definite dagli accordi di Minsk.

In Ucraina si confrontano, fino al rischio del baratro di una terza guerra mondiale, l’aggressività da super potenza della Russia e l’espansionismo degli Usa e della Nato che, contraddicendo agli impegni presi all’atto della dissoluzione dell’Unione Sovietica e della riunificazione tedesca, hanno portato avanti un vero e proprio accerchiamento della Russia.

La nuova “guerra fredda” teorizzata da Washington ha, in realtà, obiettivi strategici più ampi: contenere la Cina, laddove questo non riesca sul piano economico-commerciale, e mantenere l’Unione europea divisa politicamente, lontana da qualsiasi politica di cooperazione e di scambi economici e commerciali con Russia e Cina, succube di un “atlantismo” tanto in declino quanto pericoloso.

L’Ucraina è diventato il più vicino “casus belli”, per ragioni storico-geografiche e per la guerra “a bassa intensità” che vi si combatte dal 2014, con almeno 14mila vittime e due milioni di profughi nei territori del Donbass che avevano aderito alla ribellione.

Nella società ucraina in questi trent’anni larga parte della popolazione ha maturato una propria identità nazionale: si è diffuso largamente un sentimento filoeuropeo e filostatunitense. L’idea – foriera di tragedie - di adesione alla Nato, che va oltre l’adesione all’Unione europea, è considerata come una opzione positiva. Noi sosteniamo il principio di autodeterminazione del popolo ucraino in tutte le sue componenti, e siamo per il rispetto della sovranità degli Stati nei confini nati dalla fine della seconda guerra mondiale e del colonialismo.

L’indipendenza e l’integrità dell’Ucraina vanno mantenuti. Ma non si può nemmeno disconoscere che nelle regioni di confine vivono tra l’80% e il 90% di russi, e nella regione di Kiev i russi sono il 25%. Durante e dopo la “rivoluzione arancione” la popolazione russa dei territori orientali è stata oggetto di vessazioni e massacri, come quello di Odessa, nel quale 47 persone inermi perirono nel rogo della Casa dei sindacati. Gli accordi firmati solennemente per una soluzione federativa che consentisse la convivenza tra tutti i gruppi nazionali sono stati violati dai governi di Kiev, alimentando la guerra civile interna.

Vladimir Putin ha avuto tutto l’interesse a soffiare sul fuoco e a utilizzare l’Ucraina come pedina della sua strategia che passa sopra i diritti umani e la democrazia. Gli Usa e l’Unione europea, dal canto loro, volendo portare la Nato ai confini con la Russia, hanno foraggiato i nazionalisti ucraini incoraggiandoli verso scelte scellerate. Per la Russia l’adesione anche dell’Ucraina alla Nato avrebbe determinato una situazione inaccettabile. Ogni reale sforzo diplomatico, da tutte le parti in causa, deve considerare seriamente le preoccupazioni di tutti gli interlocutori.

Allora, che fare? Prima di tutto la pace, senza la quale nessuna soluzione è possibile. Immediato cessate il fuoco e riconoscimento della sovranità nazionale dell’Ucraina.

Bisogna ripartire dagli accordi di Minsk II, che garantivano l’autogoverno delle regioni del Donetsk e del Lugansk e una riforma costituzionale a tutela della minoranza russa, disattesi dall’Ucraina. In prospettiva la soluzione pacifica non può che essere una Ucraina neutrale in cambio della garanzia della non ingerenza russa. Se questa è stata la soluzione per la Finlandia durante la “guerra fredda”, perché non può esserlo anche per l’Ucraina? La neutralità dell’Ucraina e il riconoscimento dei diritti delle popolazioni delle regioni di lingua russa in uno Stato plurinazionale sono l’unica via di uscita dalla crisi.

Bene hanno fatto Cgil Cisl Uil a chiedere da subito una neutralità attiva dell’Italia e dell’Ue.

Ora bisogna dare gambe al nostro costituzionale ripudio della guerra, riempire le piazze e le strade di un nuovo movimento per la pace, che chieda un immediato cessate il fuoco, la de-escalation militare, la convocazione di una nuova Conferenza di pace e cooperazione paneuropea.

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