Nel 2021 grande è stata l’attenzione nel Paese per i numerosi successi che atleti e atlete azzurri hanno conseguito negli sport individuali e di squadra.
Nessuna attenzione, invece, c’è stata nei confronti di chi lavora nello sport. Dietro le medaglie e i successi dei campioni, c’è infatti l’attività di allenatori, istruttori, collaboratori di associazioni e società sportive dilettantistiche, tecnici e istruttori di varie discipline nelle palestre e nelle piscine, sino ad arrivare a chi è impegnato nella manutenzione e nei vari servizi di accoglienza e segreteria. Sono loro, lavoratori e lavoratrici, a garantire non solo la nascita, la formazione e la crescita delle stelle sportive, ma anche il miglioramento della salute stessa degli oltre 20 milioni di italiani che praticano lo sport nelle più diverse forme.
Sono oltre 500mila le persone occupate nel settore. La stragrande maggioranza di esse è inquadrata come collaboratore sportivo. Questo significa che sono privi di qualsiasi diritto: nessuna indennità di malattia, nessuna copertura Inail in caso di infortunio, nessuna indennità di disoccupazione, nessun riconoscimento in caso di maternità, nessuna possibilità di accedere alla pensione pubblica.
In definitiva lavoratori e lavoratrici invisibili, in attesa da tempo che l’attività del settore venga regolata.
La legge di riforma dello sport, Dl n 36 del 28 febbraio 2021, che avrebbe dovuto risolvere, almeno in parte, le problematiche del settore, doveva entrare in vigore il 1° gennaio del 2022, ma è stata prima prorogata al 1° gennaio 2024 e poi, solo dopo la mobilitazione sindacale, “anticipata” al 1° gennaio 2023.
Cgil Cisl e Uil hanno presentato osservazioni in merito al decreto in quanto ci sono aspetti che non sono ancora adeguatamente risolti, ma il confronto non è ancora iniziato.
In questi mesi si sono succedute le prese di posizione di enti e società sportive finalizzate a procrastinare ulteriormente l’entrata in vigore della legge o a metterne in discussione le poche opportunità a favore degli occupati del settore oggi senza diritti. Di certo al momento c’è solo che per tutto il 2022 i collaboratori sportivi saranno ancora privi di diritti.
La stessa legge di bilancio 2021 aveva definito lo stanziamento di fondi - 50 milioni per il 2021 e per il 2022 - per finanziare l’esonero, anche parziale, dal versamento dei contribuiti previdenziali a carico delle federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate. La finanziaria del 2022 ha rifinanziato il fondo con altri 50 milioni per il 2023. Per i lavoratori e le lavoratrici del settore invece non si prevede nulla. Insomma anche diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti, secondo la Costituzione, per collaboratrici e collaboratori sportivi, ancora per tutto il 2022 resteranno un miraggio.
In Italia hanno diritto ai periodi di astensione obbligatoria per maternità le donne che lavorano (dipendenti, autonome, co.co.co.), secondo l’articolo 37 della Costituzione. Alle lavoratrici e professioniste dello sport, oggi inquadrate come collaboratrici sportive (ovvero collaboratrici occasionali), quale “speciale adeguata protezione”, come recita l’articolo, viene garantita? Il Testo Unico sulla maternità e paternità (Dlgs 151/2001) prevede non solo il diritto dell’astensione obbligatoria, ma altresì il divieto di lavorare durante tale periodo. Ovviamente, nessuno dei benefici definiti dalla legge 151/2001 e successive previsti per i padri lavoratori, al fine di favorire la genitorialità e una più equa ripartizione dei carichi familiari, è oggi usufruibile neppure dai lavoratori impegnati nel settore.
Conclusioni: se non vi saranno provvedimenti specifici le collaboratrici sportive, sicuramente sino a tutto il 2022, continueranno a non usufruire delle tutele alla maternità previste e dovranno scegliere, in caso di gravidanza, se rimanere senza reddito oppure nei periodi di gestazione e post parto continuare a lavorare, con i rischi che ciò comporta.
Come si sa, l’Inail tutela i lavoratori contro i danni fisici ed economici derivanti dagli infortuni causati dall’attività lavorativa e malattie professionali. All’assicurazione sono tenuti tutti i datori di lavoro che occupano dipendenti e lavoratori parasubordinati nelle attività che la legge individua come rischiose. Ma nello sport solo i soggetti appartenenti all’area dirigenziale e gli sportivi dipendenti sono assicurati. In pratica, viene assicurata solo una minima parte di chi è occupato nel settore, visto che le società utilizzano come principale forma di assunzione quella dei collaboratori sportivi che, non essendo né dipendenti né parasubordinati, non hanno diritto all’assicurazione Inail a carico del datore di lavoro, pur correndo gli stessi rischi.
Anche in questo caso viene meno l’applicazione dell’art 38 della Costituzione, che dovrebbe essere garantito indipendentemente dalla qualificazione giuridico-formale del rapporto di lavoro.