Paolo Mencarelli (a cura di), Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Biblion edizioni, pagine 560, euro 30.
Con colpevole ritardo, mi accingevo a scrivere la recensione della nuova ristampa di “Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia”, pubblicata per la prima volta nel marzo 1922 dalle edizioni Avanti! e ora ripubblicata, a cura del compagno e amico Paolo Mencarelli, dalle edizioni Biblion.
Avevo assunto l’impegno con “Sinistra Sindacale” dopo i fatti del 10 ottobre scorso, quando una torma di fascisti di Forza Nuova, travestiti da no vax, assaltò e devastò la sede della Cgil nazionale, nella oggettiva complicità di quanti quel giorno erano preposti alla gestione dell’ “ordine pubblico”. I giorni passavano e nella mia testa confermavo l’impressionante “similitudine/ difformità” tra i primi atti dello squadrismo nascente (l’inchiesta narra delle imprese squadriste al loro sorgere tra i primi mesi del 1920 e il giugno 1921) e la modalità “improvvisata” (sic!) dell’assalto romano.
Ho perso giorni e tempo, e in questa perdita di tempo – occupata, caro lettore, comunque in altre faccende – stavo smarrendo alcuni questioni chiave e simiglianze (non meccanicistiche uguaglianze) tra il passato e il presente, a parte l’opera meritoria del curatore e dell’editore di riportare alla luce un testo che ebbe una seconda fortuna nel 1963, non a caso alla vigilia del primo centrosinistra “organico” che vide i socialisti entrare a far parte del governo, dopo i fatti di Genova che stopparono le aperture verso i fascisti; ma anche alla vigilia del 1964, di quel “tintinnar di sciabole” del Piano Solo del generale De Lorenzo (futuro candidato monarchico-fascista al Parlamento in altri anni nei quali le sciabole Nato tornarono a tintinnare, il 1971-73) e del Presidente Segni.
Ovviamente descrivo un’epoca. Non muovo rilievo, privo del conforto delle verità giudiziarie, a persone oggi scomparse. Ma la voglia di prendere in mano l’elaboratore elettronico e scrivere questa recensione mi è presa forte il 21 gennaio. Ho acceso il televisore e la prima notizia è stata quella che durante un meritorio, ma tardivo sgombero di un locale occupato in quel di Roma dai fascisti di CasaPound – nei successivi incidenti – i fascisti erano stati chissà come allertati dello sgombero che si è tenuto a bruzzico – erano rimasti feriti 6 agenti di cui uno in modo grave e identificati una quarantina di squadristi.
Come sottolinea Mencarelli, nella sua bella e documentata introduzione ad “Inchiesta…”, uso della violenza, complicità nell’àmbito delle istituzioni (polizia, esercito, prefetture) sono precipui dell’agire fascista fin dal suo sorgere. Di differente, con l’oggi, c’è il livello di violenza dei moderni squadristi. La differenza con allora, non è solo “nella sua radicalità, tecnica, della violenza, e numero delle uccisioni” (ci sono anche quelle; non dimenticate cosa è successo per ben due volte a Firenze o a Macerata, o lo stillicidio di aggressioni a via San Giovanni a Roma e in tutta Italia, contro “zecche”, omosessuali ed altri episodi, derubricati da frettolose indagini a violenze metropolitane o a risse).
Di differente c’è anche il livello di complicità istituzionale; ma la storia del nostro paese anche negli anni successivi, da Piazza Fontana nel 1969 in poi, ci dice che quella catena di complicità è ancora viva, e giova ricordare che i capi dei fascisti attuali sono le ultime leve di quella generazione fascista che insanguinò le strade italiane – per fortuna debitamente affrontata dai movimenti – nella prima metà degli anni Settanta.
Mi perdonerà dunque il compagno Mencarelli se, alla fine, la recensione è diventata pretesto per una riflessione più ampia. Ma, senza la lettura della “Inchiesta” e delle stimolanti riflessioni dello storico curatore, forse stamane non avrei richiamato alla mia memoria e collegato tra loro così tanti fatti.
Anche a questo serve una ripubblicazione ragionata di documenti storici - non solo agli studiosi e agli studenti e a chi è curioso di sapere: a ricordare a noi antifascisti militanti del movimento operaio che il ventre del fascismo è sempre fecondo, che la vigilanza e la lotta sono decisive e che bisogna anche nutrire una qualche diffidenza verso uno Stato che non ha mai fatto rotture di continuità nella “macchina” dello Stato stesso. La sola nostra vera arma è la Costituzione antifascista che è il fondamento della democrazia repubblicana e che periodicamente cercano di scipparci, financo nelle disposizioni finali.
Intanto il lettore, letto il saggio introduttivo di Mencarelli e usandolo come bussola di orientamento, si prepari ad affrontare il testo coevo che riporta, insieme ai fatti, anche i sentimenti provati dai compagni che hanno fatto i resoconti e che per primi, nella storia del movimento operaio internazionale, hanno dovuto affrontare il fascismo al suo sorgere. Perché sì – anche se l’allievo ha finito per surclassare il maestro – il fascismo tedesco viene dopo e ad imitazione di quello italiano.