In Germania adesso governa il cosiddetto “semaforo”, un governo composto da socialdemocratici, verdi e liberali. Le loro posizioni politiche sono molto differenti, in particolare per quanto riguarda la politica fiscale. Mentre la Spd e i Verdi ritengono necessario aumentare le tasse per finanziare i necessari investimenti pubblici, i Liberali sono assolutamente contrari. Malgrado il contrasto politico si è arrivati a un accordo in tempi relativamente brevi. La voglia assoluta di governare li ha uniti.
L’accordo raggiunto dai tre partiti ha il titolo “Rischiare più progresso – Alleanza per la libertà, la giustizia e la sostenibilità”. Non c’è dubbio, un po’ di progresso c’è. I diritti civili vengono migliorati. Ed anche per quanto riguarda la politica sociale c’è progresso. Il salario minimo viene aumentato sensibilmente, da 12 euro l’ora. Dall’altro lato però i cosiddetti mini-jobs vengono allargati. Le pensioni dovrebbero rimanere stabili, ma sono ancora troppo basse. Ed anche il pacchetto Hartz IV di liberalizzazione del mercato del lavoro viene mitigato, ma una profonda riforma come annunciato della Spd non c’è. Un grande problema sono i prezzi delle case e gli affitti. Le relative misure sono molto deboli. Da un “social housing” siamo ancora molto lontani.
Al centro del programma di governo c’è la lotta sul cambiamento climatico. Le energie rinnovabili devono essere notevolmente potenziate, in modo che non sia necessario il carbone per generare elettricità entro il 2030. Va promossa la produzione di idrogeno. La Germania dovrebbe essere climaticamente neutrale nel 2045. Questi piani sono ambiziosi, pur essendo insufficienti per limitare il riscaldamento a non più di 1,5 gradi centigradi. Sono belle dichiarazioni, ma non è certo se possano essere effettivamente realizzate. Certamente grandi investimenti sono annunciati per realizzare la necessaria trasformazione ecologica dell’economia, ma il finanziamento non è chiaro. Un aumento delle tasse è escluso. E dopo un certo periodo si vuole anche ritornare a una politica di bilancio molto restrittiva, che era stata sospesa per combattere la pandemia. I necessari investimenti devono essere finanziati in gran parte con capitale privato.
Per quanto riguarda la politica estera, non c’è cambiamento rispetto al governo precedente. Tuttavia viene posta più enfasi sull’Europa. Si vuole rafforzare l’integrazione europea, con l’obiettivo di trasformare l’Unione europea in uno stato federale, che però non piacerà a tutti. Anche a livello europeo la trasformazione ecologica dell’economia dovrebbe stare al centro della politica. Ma pure qui si pone il problema del finanziamento. Con un ministro delle Finanze liberale che persegue una politica fiscale restrittiva è difficile abolire il Patto di stabilità e di crescita, cosa che sarebbe necessaria.
Anche questo governo rimarrà fedele alleato degli Stati uniti, invece di perseguire una politica estera europea indipendente, basata sulla cooperazione e non sul confronto. Anzi, c’è da temere che si persegua una politica ancora più aggressiva nei confronti di Russia e Cina. Già i primi passi della nuova ministra degli Esteri, che viene dai Verdi, sottolineano queste paure. Qui sono evidenti i primi conflitti dentro il “semaforo”. Quindi si mostra un conflitto tra l’atteggiamento molto duro dei Verdi, e l’atteggiamento più moderato di una parte della Spd, nei confronti della Russia.
Tutto sommato, va detto che ci sono grandi annunci, la cui realizzazione però è molto incerta. La questione cruciale è quella del finanziamento. Sarebbe necessario aumentare le tasse. Questo però è escluso. Sarebbe necessario anche dal punto di vista sociale. Invece la redistribuzione continuerà dal basso verso l’alto. Olaf Scholz, d’altra parte, ha sottolineato la sicurezza sociale nella sua dichiarazione di governo.
Nonostante questa enfasi sull’orientamento sociale con alcuni notevoli miglioramenti, il contratto porta la firma dei liberali, il cui leader è anche ministro delle Finanze. Si vuole combattere il cambiamento climatico con le misure di un’economia di mercato. Con una politica simile però non si possono affrontare adeguatamente le grandi sfide ecologiche, economiche e sociali. Ci vorrebbe una politica più attiva da parte dello Stato con interventi pubblici forti, non lasciando le soluzioni al mercato.
Per una opposizione di sinistra l’accordo del “semaforo” offre sufficienti spunti per le critiche e per proposte alternative, in particolare per quanto riguarda i processi di trasformazione. A condizione però che la sinistra sia capace di presentarsi come forza politica unita e convincente.