Tante persone, da ogni parte d’Italia, sono arrivate a Riace nei giorni 6 e 7 novembre scorsi, rispondendo all’appello del movimento spontaneo “Riace non si arresta” e di padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, da sempre vicino all’esperienza maturata in questi anni nel centro ionico reggino. Migliaia di donne e di uomini, di attivisti e di militanti politici e artisti, che hanno ribadito, coralmente, un concetto semplice e potente: “Riace non può essere ridotta ad una storia criminale”.
La sentenza abnorme che si è abbattuta su Mimmo Lucano brucia forte. È stato condannato un modello di accoglienza e di integrazione dei migranti ammirato e studiato in tutto il mondo. Sentenza politica? Certamente un caso giudiziario che continuerà ad interrogare a lungo le coscienze di quanti ancora credono nei valori fondanti della nostra Repubblica. Non solo intellettuali, militanti e leader politici, ma anche tanti giuristi e tecnici del diritto si sono chiesti se la sentenza di Locri non sia stata “un cattivo servizio alla causa della giustizia”.
Valgano, a tal proposito, le parole del costituzionalista Massimo Villone, presidente del Comitato per la democrazia costituzionale: “Il Tribunale di Locri ha trasformato eventuali irregolarità amministrative e contabili in una condotta criminale e lucrativa, quando è a tutti evidente la finalizzazione a favore degli ultimi di ogni attività del sindaco Lucano e la finalità altruistica del suo agire”. Una “pagina nera nella storia della Repubblica”, insomma. Che non può lasciarci indifferenti, passivi, rassegnati.
Mimmo Lucano, intervistato da Gad Lerner presso l’anfiteatro con i gradini arcobaleno che fa bella mostra di sé all’ingresso del paese, è stato di una chiarezza estrema sulla vicenda che lo riguarda, entrando senza remore, lucidamente, nel merito delle accuse che gli sono state mosse. La carta d’identità rilasciata a un bambino bisognoso di cure, l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti ad una cooperativa che impiegava gli asinelli nelle viuzze strette del paese, la realizzazione di botteghe e di laboratori, di una fattoria e di un frantoio sociali. Iniziative capaci di rendere effettivo il principio dell’integrazione sotteso ai programmi di accoglienza, anche a dispetto dei vincoli contraddittori della norma. Tutto per la solidarietà, nessun arricchimento personale, come nello stesso processo è emerso chiaramente.
Per questo Mimmo Lucano non ci sta. E dall’icastico anfiteatro con i gradini arcobaleno lo grida forte: “In tutta questa vicenda l’aspetto che mi ha ferito profondamente è il senso di delegittimazione, e se volete di criminalizzazione, di ideali nei quali ho sempre creduto e continuo a credere, e che si è cercato a tutti i costi di fare passare. Quello che ancora mi chiedo, e ancora non sono riuscito a darmi una risposta, è che cosa ho fatto per meritarmi questo trattamento così duro. Devo pensare, allora, che era già tutto scritto?”.
Parole forti e amare, alle quali fa eco una domanda che Gad Lerner rivolge al pubblico presente: “In Italia, chi vuole aiutare gli ultimi deve preoccuparsi di essere perseguitato?”. Poco prima, il noto giornalista aveva ricordato la vicenda di Danilo Dolci, arrestato nel 1956 in Sicilia, per aver partecipato a uno “sciopero alla rovescia” a Partinico, comune della provincia di Palermo. Anche Dolci era stato condannato, a cinquanta giorni di carcere, ma aveva goduto dell’attenuante comune dei “motivi di particolare valore morale e sociale” ex art. 62 del Codice Penale. Attenuante negata a Lucano (come pure ogni attenuante generica), che invece si è visto comminare una pena doppia rispetto a quella richiesta dal pubblico ministero.
Sono stati due giorni belli e intensi a Riace, segnati da un forte spirito comunitario. Il corteo (vi hanno preso parte anche Luigi de Magistris e l’ex presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio), l’intervista di Lerner a Mimmo Lucano, gli artisti e i musicisti - tra gli altri Ascanio Celestini, Peppe Voltarelli, Brunori Sas, Francesca Prestia, Nino Quaranta - che si sono alternati sul palco dell’anfiteatro, i videomessaggi di Roberto Saviano e di Fiorella Mannoia, l’assemblea generale, la consegna di giochi e di indumenti ai bambini da parte delle donne di “Un’altra Calabria è possibile”, la visita alla tomba di Becky Moses, la giovane nigeriana morta bruciata nella tendopoli di San Ferdinando. Un “abbraccio” collettivo a Mimmo Lucano e a Riace che, nonostante tutto, scalda ancora i cuori.