Mentre tutti aspettavamo la bella stagione per ripartire, festeggiando la vittoria della nazionale agli Europei di calcio, proprio la sera della finale la Gkn di Campi Bisenzio licenziava e chiudeva la fabbrica.
Qualche giorno prima, il governo aveva siglato con le organizzazioni sindacali e datoriali una presa d’atto che impegna le imprese a ricorrere a tutti gli strumenti a disposizione prima di procedere ai licenziamenti. Atto ampiamente disatteso nelle vertenze che abbiamo sotto gli occhi, a partire dalla Gkn. Il documento introduce 13 settimane aggiuntive di cassa integrazione gratuita per tutte le imprese, sia per le crisi nazionali presso il Mise, sia per le vertenze a livello di unità di crisi regionali. Con il cosiddetto “avviso comune”, Confindustria, Confapi, sistema della Cooperazione si impegnano, prima di licenziare, a utilizzare tutti gli strumenti istituzionali e contrattuali a disposizione: cassa integrazione, contratti di solidarietà difensivi ed espansivi, riduzione di orario, politiche attive.
Eppure, nonostante gli impegni presi, la Gkn inviava una pec ai 422 lavoratori, comunicando che la fabbrica chiudeva i battenti e quindi licenziava tutti. A cascata ne faranno le spese quelli dell’indotto. Mentre sto scrivendo, è arrivata la notizia che la Vitesco, sempre in Toscana, taglierà 139 posti.
La Gkn di fatto non ha un padrone, non c’è un volto ma solo un nome: “Melrose Industries”, un fondo d’investimento finanziario con sede (principale) a Londra che, nel 2018, ha acquistato la Gkn, produttrice di componenti per auto che lavora per l’85% per Fca, oggi Stellantis. Invece di presentarsi al tavolo di trattativa aperto al ministero dello Sviluppo economico, il fondo si collega in videoconferenza con le sembianze di un avvocato senza alcun mandato a trattare con la viceministra del Mise, con il presidente della Regione Toscana, con i sindacati e le Rsu, e comunica a tutti che loro non devono discutere di niente, perché la procedura della chiusura con licenziamenti è già partita. Uno schiaffo alle istituzioni, al sindacato, e soprattutto ai 422 lavoratori e lavoratrici della Gkn, a quelli dell’indotto e a quanti – istituzioni locali, imprese e cittadini – si sono stretti intorno agli operai che stanno presidiando la fabbrica.
Tutto questo accade perché la Gkn non ha seguito la legge? O vi è una falla nel nostro sistema legislativo? Purtroppo nel nostro Paese non si riesce neppure a conteggiare quanti incentivi le multinazionali abbiano percepito dallo Stato o dalle Regioni; e qualcosa non quadra, perché la Gkn ha seguito la normativa vigente.
Sono multinazionali che lasciano fabbriche in disuso, capannoni abbandonati che nessuno può riprendersi e bonificare per metterli a disposizione di altri imprenditori, perché la proprietà è sempre loro, delle multinazionali. Intanto, una legge dovrebbe chiarire che una multinazionale, in Italia, non può essere proprietaria del fabbricato e del terreno, altrimenti, se chiude, deve lasciare tutto quello che ha nel luogo, a meno che non faccia ripartire l’attività nel giro di due/tre anni. Deve essere chiaro che, se l’azienda fosse proprietaria del terreno e dell’immobile, lo Stato dopo qualche anno le fa l’esproprio e rende quel fabbricato al Comune, che lo metterà a disposizione di nuovi imprenditori. Non si inventa niente, succede già in altri Stati.
Insomma servono strumenti che solo la politica e le istituzioni possono mettere in atto, con una legislazione che imponga regole precise alle imprese che percepiscono contributi, che devono essere collegati a condizionalità previste in partenza. Basta con gli interventi a pioggia! Serve un piano di politica industriale, e i fondi concessi alle imprese devono essere coerenti con gli indirizzi individuati, con precisi termini di erogazione e parametri di risultato, senza il rispetto dei quali le risorse vanno restituite. E serve che a scommettere sulla ripresa sia l’intero sistema, con i soldi pubblici in arrivo dall’Europa ma anche investimenti di imprenditori che vogliano davvero fare impresa e accettino le regole di base, prima tra tutte il rischio di impresa. Evitando di scaricare tutti i rischi sulle spalle del pubblico e dei lavoratori.
Ora tocca a lei, presidente Draghi, risolvere questo dramma, perché il cerino non può essere lasciato in mano alle lavoratrici e ai lavoratori. Il sindacato non ha gli strumenti per contrastare questo ennesimo licenziamento di massa, anche perché negli ultimi vent’anni abbiamo commesso errori clamorosi nel non aver contrastato come si doveva la situazione che si stava delineando.
Però la richiesta di non togliere il divieto di licenziare era stata fatta. Ma lei, presidente Draghi, è andato dritto per la sua strada, i licenziamenti sono partiti e i dipendenti si trovano in mezzo alla strada. Lei sta al timone del Paese Italia, dove le multinazionali fanno il bello e il cattivo tempo perché è loro permesso. Se chiudono definitivamente la fabbrica della Gkn a Campi Bisenzio, della Whirlpool a Napoli e altre fabbriche, abbiamo perso tutti. Non solo gli operai, ma tutti noi che ci battiamo per i diritti fondamentali sanciti dalla Carta Costituzionale. E perde anche lei, perché ha perso l’Italia.