Per ripartire dopo l’emergenza coronavirus servono una visione chiara, idee concrete e una strategia per attuarle: con la Cisl abbiamo proposto un patto per la ripartenza che preveda una condivisione di obiettivi tra parti sociali e istituzioni a livello provinciale, in cui il sistema possa trovare elementi di resilienza e occasioni di sviluppo.
Prima di tutto dobbiamo mettere tutti nelle condizioni di lavorare e vivere in sicurezza, perché l’emergenza non è finita. Ciò significa l’applicazione seria dei protocolli di sicurezza e consistenti investimenti pubblici nel sistema socio-sanitario, partendo da formazione e assunzioni di medici e infermieri per rafforzare la medicina sul territorio e l’assistenza domiciliare integrata, fondamentale per la particolare morfologia della provincia di Belluno. Una sanità efficace, con posti letto e medici a beneficio di tutta la comunità, una vera continuità tra il sanitario e il sociale, che risolva le frammentazioni, in particolare tra le strutture per anziani o nell’assistenza dei più fragili, nell’intero territorio.
Ripartire in sicurezza significa rivedere i meccanismi organizzativi delle aziende e ripensare una politica industriale nazionale seria, strutturata e ragionata, da declinare a livello regionale e territoriale. Senza investimenti e direzione pubblici, dello Stato, questo non avverrà in modo spontaneo.
La prima cosa da fare è sbloccare i cantieri già finanziati o progettati. Nella provincia di Belluno significa accelerare i cantieri di Cortina 2021, della ferrovia e della infrastruttura della banda ultra larga. In secondo luogo, le aziende vanno accompagnate nella transizione energetica dal petrolio alle fonti rinnovabili e all’industria 4.0. Pensiamo alle realtà industriali che forniscono servizi per l’utilizzo della tecnologia, a quelle della cura del territorio e dell’economia circolare (boschi, legno, filiere corte, artigianato e turismo), ma anche alle aziende del settore moda, chimico e metalmeccanico, che già in parte hanno saputo convertire le loro produzioni.
Vanno costruiti modelli attrattivi per gli investimenti e utilizzati ancora di più i bandi europei, in particolare per la ricerca. È fondamentale che le imprese si costituiscano in reti per non essere estromesse dalla competizione internazionale. Per la ricerca, serve un collegamento certo con l’Innovation Hub di Padova, per le politiche di export, linfa vitale per l’economia bellunese. Non è anacronistico parlare di ‘made in Italy’, anzi vanno rilanciati i concetti di bellezza, qualità e ingegnosità dei prodotti delle nostre fabbriche.
In tempi di coronavirus il turismo locale può offrire un ambiente favorevole, meno affollato, dove l’accoglienza diffusa può diventare una importante entrata per le famiglie e valorizzare le vallate.
Da tempo attendiamo il riconvocarsi del tavolo provinciale delle politiche del lavoro. Finora l’ha sempre sollecitato il sindacato, mentre le categorie economiche non si sono mosse. Eppure è chiara la necessità del cambiamento del modo di produrre e dello stare in fabbrica. Le domande sono “quali competenze servono, dove le troviamo, come le formiamo, come diventiamo appetibili per farle arrivare da fuori?”. Sono le stesse domande di ieri.
La transizione economica al digitale e al green new deal modificano radicalmente le mansioni: serve molta formazione costante nel tempo. Servono dunque politiche attive vere e programmi seri di formazione permanente dei lavoratori. La scommessa formativa vale per le singole persone, ma anche per le aziende, in quanto la competizione non passa soltanto attraverso l’aumento della produttività - che va anzi riversata su una riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario - ma sulla capacità di ricerca e innovazione di prodotto e di servizio.
Devono tornare al centro dell’attenzione gli investimenti sul sistema dell’istruzione, a partire dalle scuole dell’infanzia: insegnanti motivati, strumenti informatici e una scuola al passo con l’Europa. Va consolidata e ampliata la proposta universitaria per contribuire, insieme al nuovo polo di alta formazione della Luiss Business School, alla permanenza dei giovani a Belluno, attraendone anche da fuori provincia. Rendere il territorio dinamico con offerte formative è una risposta anche allo spopolamento della montagna.
Da più parti si invoca un’azione comune per gestire il prossimo periodo. Abbiamo iniziato dal tavolo dei trasporti, da ripensare sia nella fase di ripartenza dell’economia che in quella più complessa della ripartenza della scuola. Servono però solide relazioni sindacali, capacità di reciproco ascolto, gruppi dirigenti che, esprimendo legittime posizioni anche contrapposte, si confrontino sugli obiettivi.
Da tempo chiediamo un patto per la Provincia, per salvarla dallo spopolamento: per farlo sono necessarie centralità del lavoro, sostenibilità e innovazione dell’impresa, corrette relazioni sindacali in rapporto con la politica e le istituzioni. l