Siamo nel pieno di un’emergenza sanitaria e economica che rischia di diventare anche sociale. Si è arrivati impreparati ad affrontare questa emergenza per responsabilità in particolare dei livelli di governo politico e in parte anche sanitario, a tutti i livelli, internazionale, europeo, nazionale e regionale. Un’emergenza affrontata all’inizio con superficialità, scarsa consapevolezza della sua dimensione, a volte con irresponsabilità. Spesso alternando orientamenti e comunicazioni opposte e contraddittorie, seguendo l’onda emotiva, la ricerca di facile consenso e soprattutto i condizionamenti dei veri poteri forti, Confindustria in primis.
Il presidente del Veneto ne è stato tra gli esempi più lampanti, passando dal proporre il blocco di Schengen e la chiusura totale delle frontiere al chiedere la riapertura delle scuole tre giorni dopo la chiusura, dal mettersi la tuta mimetica perché “siamo in guerra” a chiedere al governo di escludere dalla zona rossa le tre province venete (etichettando il provvedimento come spropositato sul piano medico-scientifico), dal “bisogna fare i tamponi a tutta la popolazione veneta” a non riuscire a fare neanche quelli indispensabili.
Questa situazione drammatica ha fatto emergere in modo evidente i nodi e i danni di un modello di sviluppo che fa crescere smisuratamente le diseguaglianze, sta devastando il clima, l’ambiente, il territorio, il ciclo alimentare e quello biologico, e sta riducendo drasticamente i livelli di protezione sociale. L’ottimizzazione della produzione, la piena saturazione degli impianti, dei macchinari, degli spazi, il just in time negli approvvigionamenti, i processi di esternalizzazione e privatizzazione, sono criteri di gestione che da anni ormai hanno prevalso anche nei sistemi sanitari e di assistenza sociale.
Per questo oggi, nel pieno dell’emergenza, anche nella “virtuosa” sanità veneta mancano posti letto ospedalieri, in particolare per le terapie intensive e la rianimazione, non si hanno a disposizione i respiratori e altri macchinari indispensabili, i Dpi a norma e adeguati, ed emerge ancor di più l’inadeguatezza dei servizi territoriali, domiciliari e la carenza di organici e specializzazioni in tutti gli ambiti socio-sanitari e assistenziali.
Passata questa tremenda buriana si aprirà una sfida per il cambiamento. Dovremo rilanciare con ancor più forza la necessità di ripensare cosa, come e per chi produrre. Ridefinire le priorità, rimettendo al centro la salvaguardia del pianeta, dell’ambiente, del territorio, la qualità del lavoro, la tutela dei beni comuni, della sicurezza e della salute, l’importanza essenziale dei sistemi pubblici di istruzione, formazione, sanità e assistenza sociale.
Ma ora si deve affrontare una situazione che in Veneto, come in molte altre regioni del nord, è ancora fortemente critica per la diffusione del contagio, per l’esposizione crescente del personale socio-sanitario, degli addetti/e ai tanti servizi ausiliari, dei pazienti/ospiti nelle strutture ospedaliere e nelle case di riposo, per i pesanti effetti sulla salute, sulla vita stessa di molte persone, e sull’occupazione.
La Cgil ha esercitato un’importante funzione, anche grazie alle diverse mobilitazioni, per adottare misure indispensabili per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro, per la restrizione dei fattori di contagio, per la sicurezza e il sostegno al reddito di tutti. Dal principio “si lavora solo in sicurezza” del Protocollo per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, al Decreto con successivo ulteriore intervento sui codici Ateco per la definizione delle attività essenziali e la restrizione delle attività autorizzate a continuare; dai protocolli per garantire la massima protezione e sicurezza per tutti quelli che devono continuare l’attività lavorativa per garantire beni e servizi indispensabili, in particolare per i lavoratori dei servizi sanitari, socio-sanitari, socio-assistenziali, alla definizione dei Decreti per garantire gli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla dimensione aziendale e dalla tipologia del rapporto di lavoro.
Ora bisogna vigilare perché venga data piena applicazione e operatività a tutte le disposizioni e a tutte le tutele, conquistare tavoli di confronto organico e periodico, individuare le priorità, concordare modalità e procedure, agendo come stiamo facendo in Veneto a tutti i livelli, regionale e territoriale, istituzionale e relazionale.
Infine dobbiamo incalzare i diversi livelli di governo, a partire dall’Ue, che su questo si giocherà il suo stesso futuro, per togliere tutti i vincoli di compatibilità economica e stanziare le risorse necessarie a gestire l’emergenza sanitaria, a far fronte alle conseguenze economiche e alla perdita di reddito che questa straordinaria crisi sta determinando oggi e per il prossimo futuro, a finanziare un Piano straordinario di investimenti pubblici per la sostenibilità climatica, economica e sociale, in tutte le sue declinazioni.