I diritti costituzionali valgono anche per i migranti - di Riccardo Chiari

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Nei giorni scorsi si è riaperta la discussione sulla possibile apertura in Toscana di un Cpr (ex Cie), cioè “Centro di permanenza e di rimpatrio per i migranti”. A dar fuoco alle polveri il sindaco fiorentino Dario Nardella del Pd, che ha improvvidamente rispolverato un argomento che sembrava, per fortuna, ormai confinato in archivio. Per tutta una serie di sacrosanti motivi.

Mentre la destra a trazione leghista si è subito mobilitata per sostenere la necessità di aprire un centro di detenzione per migranti la cui unica colpa sarebbe quella di non avere i documenti in regola, la Camera del Lavoro di Firenze e la Cgil Toscana hanno preso meritoriamente posizione, in parallelo con le forze politiche (Mdp Articolo 1, Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Potere al popolo) a sinistra del Pd. “Abbiamo sempre considerato un valore politico e culturale la scelta di non aver mai voluto aprire nella nostra regione un simile centro – ricordano sul punto il segretario regionale toscano Maurizio Brotini e Gianluca Lacoppola della segreteria fiorentina della Cgil – perché cambiano i nomi ma restano centri in cui rischiano di finire non certo efferati criminali come si vuol far credere, ma persone colpevoli solo di non avere documenti validi o di dover essere ancora identificati. Ritenere che, senza alcun tipo di condanna dell’autorità giudiziaria, si possa prevedere di togliere la libertà personale, è un errore gravissimo, che ha conseguenze anche nel nostro modo di intendere il senso di convivenza civile. I diritti costituzionali, per volontà dei nostri padri costituenti, si applicano a tutti e tutte, non solo ai cittadini italiani”.

Ben più intelligente, viene infine osservato, sarebbe impiegare le (poche) risorse a disposizione in percorsi di accoglienza e integrazione. Abolendo, va da sé, i “decreti sicurezza” di Matteo Salvini.

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