(In)coscienza di classe. I parassiti del mondo - di Pierluigi Pedretti

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Parasite, regia di Bong Joon-ho, Corea del Sud, 2019

L’odore è il discrimine fra i ricchi e i poveri nel film di Bong Joon-ho, vincitore pochi mesi fa a Cannes. La puzza resta incollata alla famiglia di Ki-taek fino al midollo. Non c’è niente da fare, neanche lavandosi va via. “È come l’odore di coloro che viaggiano in metropolitana, è come la puzza di straccio lurido appena bagnato”, dice il ricco signor Park alla moglie, pronta a rispondere che “sono anni che non prendo la metro”.

Dopo il non riuscito “Okja”, il regista sudcoreano è tornato ai fasti di un tempo (“The Host” ma soprattutto “Snowpiercer” per le assonanze “di classe”), ed è straordinario nel farci “vedere” gli odori. Ci penetrano nelle narici quelli della miserevole casa di Ki-taek, che vive nei bassifondi di Seul con sua moglie Chung-sook e i figli, il riservato Ki-woo e la più intraprendente Ki-jung. Tutti e quattro alle prese con la mancanza di vero lavoro.

L’occasione per dare una svolta alla loro vita arriva quando, grazie ad un amico universitario che gli regala anche una grande pietra “portafortuna” (sic), Ki-woo diventa tutor di inglese per la figlia del signor Park. Nei quartieri alti sta ovviamente la villa del dirigente d’azienda, un capolavoro di eleganza per la sua architettura ipermoderna, asettica nelle linee. Senza odori.

Due case, odori diversi, ma anche visioni opposte. La prima guarda su un lurido vicolo dove ogni giorno un ubriaco si ferma a urinare, mentre la grande vetrata della seconda apre lo sguardo su un parco immerso nel verde. Come non rimanerne abbagliati? Entrato di necessità in empatia con la annoiata moglie del manager, il giovane Ki-woo la convince ad assumere una assistente d’arte per il traumatizzato figliolo. E chi meglio della sorella può farlo? Ki-jung, per non rivelare la sua provenienza sociale, entra nella famiglia Park con una diversa identità.

Allo stesso modo entreranno nella grande villa il padre e la madre, grazie ad un piano spregiudicato che li porta a sostituirsi all’autista e alla governante. Ora sì che possono cominciare a pensarsi diversi, perché “se avessi tutti i loro soldi sarei gentile anch’io”. Tutta la famiglia ora sembra perfetta nel nuovo ruolo. Sembra, appunto. Col senno di poi meglio non averlo avuto un piano. Non sveliamo altro per non pregiudicare la sorprendente crescita emozionale del film, che si avvale di un cast veramente eccezionale, gli attori Song Kang-ho, Lee Sun-kyun, Cho Yeo-jeong, Choi Woo-sik, Park So-dam, Chang Hyae-iin.

 

Abbandonate le atmosfere fantastiche dei film precedenti, Bong Joon-ho ci sprofonda con amarezza nel mondo reale delle sofferenze emotive e delle disuguaglianze sociali di pre-moderna memoria, dove non è possibile la redenzione, perché è labile oggi la coscienza di essere classe. In un mondo simile solo la forza dei sentimenti può aiutare a sopportare il dolore. “Parasite” inizia come una commedia, una sorta di “Miseria e nobiltà” virata in salsa coreana, per diventare - attraversando i generi e in un crescendo di intensità - un dramma sospeso tra antico e moderno, sorprendente come un thriller e pauroso come un horror. Imperdibile.

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