Veneto: prosegue la mobilitazione per la salvaguardia del sistema socio-sanitario pubblico - di Paolo Righetti

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In queste ultime settimane si è sviluppata in Veneto una forte mobilitazione territoriale, per modificare radicalmente la Dgr della Regione Veneto sulle nuove schede di dotazione delle strutture ospedaliere e delle strutture intermedie. E’ una proposta che contiene il declassamento di diverse strutture ospedaliere, e una riduzione delle apicalità oggi presenti in diversi ospedali territoriali, in particolare nelle zone più svantaggiate che si dovevano maggiormente tutelare e salvaguardare, quelle montane, lagunari e polesane.

Sono provvedimenti che non producono solo una riduzione immediata dell’offerta sanitaria e un incremento della mobilità necessaria per accedere a determinate prestazioni, ma rischiano di segnare un progressivo impoverimento anche in prospettiva, in termini di minore attrattività di investimenti e di professionalità specializzate.

Si prospetta poi una contrazione significativa dei posti letto nelle strutture intermedie, ospedali di comunità, unità riabilitative, hospice, etc.. E, nella riduzione complessiva, una redistribuzione a favore delle strutture private. Una diminuzione di posti letto ancora più inaccettabile, a fronte al contestuale superamento delle lungodegenze in ospedale, con lo spostamento della transizione ospedale/casa verso le stesse strutture intermedie, solo parzialmente attivate, con tipologie di dotazioni e assistenza diverse e inferiori, e con l’introduzione di rilevanti costi di compartecipazione per l’utenza dopo un determinato periodo di degenza.

Soprattutto questi interventi vengono proposti in una situazione di forti ritardi e carenze nell’intera filiera dell’assistenza territoriale. L’ obiettivo “meno ospedale e più territorio”, propagandato e formalizzato da anni dalla stessa Regione, è distante dalla sua effettiva realizzazione. Siamo ancora molto lontani da una complessiva ed effettiva presa in carico degli utenti/pazienti, da una vera continuità assistenziale, da un’assistenza distrettuale, residenziale e domiciliare efficace, e stiamo invece regredendo sui processi di integrazione socio-sanitaria.

In alcuni ambiti non è garantita l’erogazione dei Lea, soprattutto quelli più esposti e fragili della cronicità clinica, della non autosufficienza, della disabilità, dei servizi per l’infanzia, dei consultori, della salute mentale, delle dipendenze, della prevenzione nei luoghi di lavoro e nel territorio. Molte attività vengono esternalizzate o appaltate ai privati, riducendo spesso quantità e qualità delle prestazioni, e peggiorando le condizioni complessive di lavoro. E certamente la principale causa di questa situazione sta nella mancanza di programmazione, e nella carenza di risorse economiche e degli organici e delle professionalità necessarie.

In questi giorni abbiamo, inoltre, programmato unitariamente, nella prospettiva di una mobilitazione più complessiva, una serie di iniziative per sollecitare urgentemente una legge regionale di riforma che garantisca la natura e la gestione pubblica delle Ipab/case di riposo, e che favorisca la loro trasformazione in centri servizi multifunzionali, nell’ambito della filiera dell’assistenza territoriale del sistema socio-sanitario pubblico.

E’ necessario inoltre un provvedimento normativo per superare l’attuale differenza di trattamento fiscale, vedi Irap, che penalizza le strutture pubbliche, spingendo molte Ipab a trasformarsi in Fondazioni private.

Ora va data continuità alle diverse iniziative messe in campo, spesso con il coinvolgimento delle comunità e delle amministrazioni locali, rivendicando nei confronti della Regione Veneto la salvaguardia e il rafforzamento del sistema pubblico e universale, la piena attuazione di quanto previsto nel nuovo Piano socio-sanitario 2019-2023, una modifica più complessiva delle nuove schede ospedaliere, la riforma delle Ipab attraverso lo stanziamento di risorse aggiuntive, la riduzione dei costi di compartecipazione, l’immediata programmazione di nuove assunzioni e di più borse di studio per specializzandi.

E’ necessario, insomma, che la Regione si prenda le sue responsabilità, deliberando i provvedimenti di cui ha già piena titolarità, senza nascondersi continuamente dietro l’alibi della ormai mitica “autonomia”.

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