La lotta quotidiana del sindacato per l’applicazione delle legge contro il caporalato.  

La provincia di Foggia è un territorio prevalentemente agricolo. Le produzioni sono, nel loro complesso, tutte stagionali, e quindi la stagionalità permette di gestire il mercato del lavoro attraverso un utilizzo dei lavoratori giornalieri. La situazione attuale vede impiegati circa 50mila lavoratori, di cui la metà immigrati, comunitari ed extracomunitari, questi ultimi prevalentemente africani. I lavoratori vengono utilizzati per produzioni generiche, ma ormai molti di loro si stanno specializzando. In questo contesto, l’integrazione territoriale ad oggi è estremamente carente.

Molti dei cinquemila lavoratori africani censiti negli elenchi anagrafici sono in condizioni di sotto salario, con importi che non superano i 4 euro netti all’ora, per un impegno lavorativo di circa 10 ore giornaliere di media.

Il sistema di accoglienza è estremamente precario: molti continuano a vivere in baracche aggregate nei cosiddetti ghetti. Spiccano per numero e organizzazione quelli di “Rignano - Gran Ghetto” e “La Pista - Borgo Mezzanone”. Quest’ultimo, nei periodi di punta della raccolta del pomodoro, contiene fino a duemila persone. Ma sono centinaia gli insediamenti spontanei nei casolari, tutti chiaramente senza alcun tipo di servizio.

La Flai Cgil è impegnata costantemente, in un’attività di “formazione al diritto”, attraverso il sindacato di strada e supporto continuo con le Camere del Lavoro territoriali, che provano a monitorare l’attività degli operai agricoli impegnati. Dal 2008 ad oggi, in un lasso di tempo di dieci anni, i lavoratori impiegati in agricoltura sempre più sono stranieri, e in questi anni il mercato del lavoro agricolo è cambiato radicalmente.

Nei primi anni addirittura molti lavoratori non venivano nemmeno pagati. Oggi, anche grazie a una capillare attività di formazione, iniziano a comprendere l’importanza del contratto di lavoro e della contribuzione, che permettono di accedere ad ammortizzatori sociali importanti come la malattia e la disoccupazione.

Aspetto ancora più rilevante, i lavoratori iniziano a denunciare illeciti salariali e contributivi: in tutto il 2014 la Flai aveva proposto per i lavoratori poco più di tre vertenze sindacali, a saldo di questa annualità siamo oltre i cinquanta interventi. Chiaramente siamo ben lontani dalla “normalità” delle applicazioni contrattuali.

Considerazione diversa deve essere fatta sulle politiche di accoglienza, e in merito alla corretta applicazione delle norme relative al mercato del lavoro: emerge che l’accoglienza e l’ospitalità, insieme al trasporto, sono oggi gli elementi portanti che sostengono il caporalato. I caporali, ormai in prevalenza della stessa nazionalità dei lavoratori, utilizzano i ghetti e gli insediamenti spontanei, favoriti dall’assenza completa dello Stato, per reclutare i lavoratori, evitando il contatto diretto fra gli stessi e l’azienda. Operano in modo ricattatorio sui lavoratori, che per poter lavorare non hanno altra scelta se non quella di accettare le condizioni del caporale.

Molte volte i lavoratori non hanno i mezzi per raggiungere il posto di lavoro e non sanno dove recarsi, cosa ben chiara al caporale che, in cambio dell’intermediazione, oltre ad “oneri accessori”, chiede in genere 50 centesimi per ora di lavoro, oltre i 5 euro canonici per il trasporto, per trasportare in mezzi fatiscenti lavoratori in sovrannumero, come hanno dimostrato i due incidenti dell’estate scorsa che hanno provocato la morte di sedici lavoratori al rientro da una giornata sui campi.

Purtroppo la legge 199/2016 tarda ad essere applicata, gli investigatori sono concentrati esclusivamente sui caporali, e le azioni di polizia, pur aumentate, sono effettuate in modo disorganizzato. Ad oggi, per quanto sappiamo, in nessuna indagine è stato rilevato il coinvolgimento di aziende locali; eppure appare chiaro a tutti che i lavoratori si recano sul posto di lavoro accompagnati dai caporali, ma prestano attività lavorativa per imprese del territorio che pagano salari ben al disotto del dovuto, mentre le ore di lavoro vanno ben oltre quelle contrattuali.

E’ una condizione complessiva, quella della provincia di Foggia, ben lontana dalla legalità. A preoccupare ulteriormente sono i dati forniti dalla direzione territoriale per il lavoro, aggiornati al 31 agosto 2018: su 268 aziende ispezionate, ben 158 sono risultate irregolari, e sono stati trovati ben 93 lavoratori in nero e altri 279 vittime di irregolarità.

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