Agitazione permanente - di Giacomo Cossu

Scuole e università sono casematte da cui articolare un’idea maggioritaria di futuro fondato su giustizia sociale, sicurezza economica, e uno Stato garante dei diritti. 

Il dibattito pubblico del nostro paese sta degenerando sempre più in una propaganda permanente, dai toni violenti e banalizzanti, senza affrontare affatto i bisogni dei cittadini. In questo contesto, le mobilitazioni studentesche del 12 ottobre e del 16 novembre hanno dato una scossa al paese, facendo emergere la grave situazione del sistema di istruzione e delle condizioni delle studentesse e degli studenti, con un discorso politico legato all’interrogativo di quale futuro desideriamo.

Verso quale direzione volgere il cambiamento? Il nostro paese torna a scivolare verso la recessione, in seguito ad anni di crescita economica moderata con salari stagnanti, investimenti insufficienti, un progressivo smantellamento del welfare e dei servizi pubblici. I cittadini sono sempre più impauriti dal proprio futuro, in cui vedono impoverimento e precarietà lavorativa, dentro una vita pubblica dominata da narrazioni di odio verso il diverso, e di criminalizzazione del povero.

Guardando al dibattito politico, pare che la soluzione alle contraddizioni sociali sia una gestione repressiva dell’ordine pubblico, che con questo governo assume apertamente i toni della violenza istituzionale verso i più deboli. Eppure, dietro questa egemonia del “securitarismo”, restano i bisogni insoddisfatti e si approfondiscono le disuguaglianze.

La nostra mobilitazione ha provato a squarciare questo velo che impedisce di guardare alle radici della nostra insicurezza, iniziando dalla condizione delle studentesse e degli studenti: una condizione di negazione del diritto allo studio, di ostacoli nell’accesso all’istruzione, di sottomissione allo sfruttamento durante gli studi, di privazione degli strumenti adeguati a conoscere e trasformare la realtà.

Abbiamo imposto al governo di guardare in faccia alle condizioni materiali, ottenendo un incontro diretto con il ministro Di Maio tramite la mobilitazione. Abbiamo preparato con la discussione dal basso una piattaforma radicale per il diritto allo studio e l’investimento in istruzione e ricerca. Sono proposte per cambiare davvero la politica economica, a cominciare dalla composizione della spesa: tagliare una parte dei sussidi ambientalmente dannosi, e aumentare le tasse sulle transazioni finanziarie e digitali, per redistribuire la ricchezza con maggiori borse di studio e alloggi, più fondi alla ricerca, e una maggiore qualità della formazione.

L’accesso universale all’istruzione di ogni ordine e grado è un progetto per costruire un sistema produttivo più sostenibile dal punto di vista ecologico e sociale, ma anche per diffondere una cultura d’integrazione e convivenza civile. Una vera alternativa e un radicale cambiamento sono le nostre rivendicazioni di fronte ad un governo che continua a tagliare i fondi per l’istruzione come in passato, impoverendo ancor di più l’economia e la cultura. L’idea di scuola e di università della maggioranza giallo-verde è emersa del resto con il caso di Lodi: il diritto allo studio come strumento di discriminazione, in pieno contrasto con la Costituzione.

Dietro l’apparente volontà di confronto sulle nostre proposte, i nostri governanti hanno dimostrato che non c’è alcuna intenzione di rispettare le domande democratiche degli studenti. Lo stato di agitazione permanente nelle scuole e nelle università è la nostra risposta a chi non rispetta i diritti, e spinge il paese verso la barbarie e un futuro ancora peggiore.

Discutendo fra studentesse e studenti stiamo aprendo spazi di democrazia, per confrontarsi sulle soluzioni concrete dei nostri problemi di giovani e di cittadini, smascherando le false promesse e la demagogia. Le scuole e le università sono le casematte da cui vogliamo articolare un’idea maggioritaria di futuro, fondato sulla giustizia sociale, sulla sicurezza economica dei cittadini, su uno Stato che garantisca il rispetto dei diritti anziché negarli. Non è semplice, servirà ancora tanto lavoro e impegno sindacale e politico, ma spingeremo le scuole e le università controcorrente.

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