Cantieri di Pisa, la Ferrari del mare riaccende il motore - di Frida Nacinovich

Anche una macchina di lusso, quando è tenuta per troppo tempo in garage, rischia di arrugginire. E se è vero che i Cantieri di Pisa sono “la Ferrari del mare” - come sono stati definiti dai nuovi proprietari monegaschi - era anche ora di riaccendere i motori. Otto anni di crisi sono stati lunghi da passare, lunghissimi. Oggi la speranza è che Sea Finance, costola genovese della francese Yotha - azienda specializzata nel rimessaggio e nel noleggio di yacht di lusso - riporti i cantieri all’antico splendore.

“È stata dura. Non c’è niente di peggio che restare fermi quando il lavoro ci sarebbe. Vedere le barche alla fonda, mentre i padroni si occupavano di tutto tranne che della produzione”. Andrea Laganà tira un sospiro di sollievo, il lavoro suo e dei suoi compagni di avventura è salvo. “Siamo stati tutti riconfermati, con gli stessi diritti e tutele che avevamo prima della crisi - sottolinea - non era scontato”.

Il mese scorso Sea Finance ha firmato al tribunale di Savona il contratto di acquisto dello stabilimento della darsena di Marina, e versato i 2,6 milioni di euro per rilevare il ramo pisano della Mondomarine spa, dichiarata fallita il 2 gennaio scorso. “Sono stati tre anni complicati, preceduti da altri cinque altrettanto difficili”, tira le somme Laganà. Dopo la crisi irreversibile del gruppo Baglietto, iniziata nel 2010, era subentrata Mondomarine, che a sua volta ha gettato la spugna.

Ora la musica è cambiata, così almeno sperano i ventidue lavoratori superstiti di una realtà produttiva che fa parte della storia di Pisa dal secondo dopoguerra. Sea Finance ha promesso di ‘riaccendere i motori della Ferrari’ nel giro di poche settimane. “Il piano industriale - spiega Laganà - prevede prima di tutto un mese di lavori per adeguare lo stabilimento alle nuove esigenze, a partire dalla messa in sicurezza dell’intera struttura, per poi ripartire con il lavoro vero e proprio. In cantiere ci sono tre yacht che devono essere completati da quasi due anni”.

Nel giro di poco tempo gli addetti diretti dovrebbero anche aumentare di numero, per garantire la prosecuzione di un’attività produttiva iniziata nel 1945 a Limite sull’Arno, grazie alla grande tradizione dei maestri d’ascia toscani, in un settore come quello della nautica di lusso che, per giunta, non conosce crisi. Sembra chiudersi così la vertenza aperta quasi due anni fa da un’improvvisa crisi finanziaria che ha costretto la Mondomarine spa - società guidata dagli imprenditori Roberto Zambrini e dall’ex presidente di Monte dei Paschi di Siena, Alessandro Falciai - a sospendere le lavorazioni e portare i libri in tribunale.

Sulla vicenda Laganà offre la sua chiave di lettura, assai critica: “La sensazione, a dire il vero, è che più che lavorare volessero utilizzare il marchio dei Cantieri di Pisa per i loro affari. Concedimi questa osservazione, siamo stati costretti a restare con le mani in mano anche quando il lavoro non mancava”. Riferimento diretto sia agli ultimi anni dell’epoca Baglietto, che alla parentesi Mondomarine.

Andrea Laganà lavora nella darsena pisana dall’ormai lontano 1990. “Non avevo nemmeno diciotto anni. ‘Meglio che essere assunti in Comune!’, mi dicevano”. Un sorriso, e poi l’operaio parla delle vicissitudini del cantiere e le paragona al grafico del mercato azionario in tempi di crisi, quando gli indici vanno giù, si cerca il ‘rimbalzo’, ma poi si ritorna in territorio negativo. “Ai tempi d’oro eravamo quasi una settantina di addetti diretti, con le ditte in appalto diventavamo più del doppio. C’era un buon indotto. Oggi invece siamo ridotti ai minimi termini, siamo in grado di restaurare o realizzare ex novo piccole porzioni di una barca, ad esempio una plancia. Ma per tutta una serie di lavori, come la verniciatura, o l’impiantistica elettrica e idraulica ci dobbiamo rivolgere all’esterno. Dei ventidue effettivi, due sono vicini alla pensione, così diventeremo ancora meno”.

La storia dei Cantieri di Pisa è anche storia di scioperi e lotte. “I cinque anni dal 2010 al 2015 sono stati tormentati ma ci siamo fatti sentire - racconta con orgoglio sindacale Laganà - manifestazioni, presidi, scioperi. Abbiamo bloccato l’Aurelia, e come si dice da noi ‘a furia di andare in Prefettura ci abbiamo fatto il viottolo’. Nel 2011, in occasione della Luminara di san Ranieri, patrono di Pisa, abbiamo fatto stampare delle magliette rosse con su scritto ‘i cantieri navali di Pisa sono di chi ci lavora”. Laganà ne ha ancora una, lui è delegato nella Rsu per la Fillea Cgil, il sindacato di gran lunga più votato all’interno dei cantieri.

Aspettando che ‘la Ferrari torni a ruggire’ i ventidue veterani lavorano sei ore al giorno invece di otto, sfruttando la banca ore. A sostegno della vertenza dei lavoratori si sono mobilitati un buon pezzo di città, le istituzioni locali e quelle regionali. Ora si volta pagina, la darsena pisana aspetta fiduciosa una nuova alba.

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