Anche se, come ormai consuetudine della nuova maggioranza di governo, si susseguono dichiarazioni contraddittorie e propositi divergenti tra i due alleati, la proposta di revisione della legge sulle liberalizzazioni nel commercio sembra finalmente entrata nell’agenda politico-parlamentare, anche con la presentazione di alcuni progetti di legge.
“Intervenire sul decreto ‘Salva Italia’ e le liberalizzazioni delle aperture e degli orari nel commercio è una priorità per la Filcams Cgil, che ha più volte avanzato proposte di modifica, richiesto un incontro con il ministro del lavoro Di Maio, e promosso iniziative, mobilitazioni e campagne di comunicazione in occasione delle festività. Per il nostro sindacato - come ha sottolineato la segretaria generale Maria Grazia Gabrielli - è indispensabile un confronto per porre un limite alle aperture incontrollate sia domenicali che festive che in questi anni hanno stravolto il settore e la vita delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende del commercio”.
Da tempo la Filcams chiede la chiusura delle attività commerciali nei giorni festivi infrasettimanali e si è opposta alla aperture indiscriminate nei festivi e oltre gli orari commerciali, come testimoniano le innumerevoli iniziative di lotta e gli scioperi proclamati nel settore o in specifiche unità commerciali, in particolare quando le aziende hanno voluto aprire in festività come il Natale, Ferragosto, Pasqua, il 25 Aprile e il Primo Maggio.
La Filcams chiede che la competenza sia riconsegnata alle istituzioni locali, per poter definire quante e quali domeniche e con quali orari aprire, e concordare una pianificazione intelligente e rispettosa dei territori e delle comunità locali per eventuali nuovi insediamenti commerciali.
Di fronte alle dichiarazioni di esponenti del governo, a partire dal vice primo ministro e titolare del lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, è ora necessario accelerare e concretizzare il percorso per intervenire definitivamente sulla deregolamentazione.
Non è affatto motivata la campagna di stampa che si è subito levata in nome della “modernità” e dell’Europa: in realtà la liberalizzazione italiana è pressoché unica nell’Unione, dove nella maggior parte dei paesi – a partire da quelli solitamente indicati come esempio di liberalizzazioni - le aperture nei festivi sono inesistenti o fortemente limitate nel corso dell’anno. Non si arriva certo alle condizioni di lavoro degli addetti del settore in Italia, inevitabilmente peggiorate, con turni di lavoro ormai strutturalmente su 365 giorni l’anno e con la diffusa sperimentazione dell’orario ‘h24’. Alle difficoltà nella conciliazione dei tempi vita e di lavoro si aggiunge peraltro un’indisponibilità sempre più diffusa da parte delle imprese a contrattare il riconoscimento economico per i turni di lavoro domenicali e festivi.
Né è credibile l’attacco, da parte di media, rappresentanti politici ed imprenditoriali, su presunte catastrofi occupazionali derivanti da una regolamentazione delle aperture festive. “Negli ultimi anni – ha ribadito Maria Grazia Gabrielli - nella grande distribuzione, in una situazione di liberalizzazione indiscriminata, si è assistito a una riduzione dell’occupazione pari almeno al 20%, a cui si deve aggiungere il dato relativo alla diffusione di processi di terziarizzazione ed esternalizzazioni di parti rilevanti delle attività commerciali”.
Nel settore, il 40% dei lavoratori è interessato da tipologie contrattuali di forte precarietà: contratti a termine, lavoro somministrato, lavoro a chiamata e indiretto, stage, merchandiser e promoter. E circa il 70% dei lavoratori ha un rapporto di lavoro part-time involontario. I lavoratori coinvolti dall’obbligatorietà del lavoro domenicale e festivo raggiungono circa il 35-40% degli addetti, e le maggiorazioni originariamente previste per tali prestazioni hanno subito, negli anni, drastiche riduzioni in considerazione dello stato di difficoltà del settore.
Altrettanto chiara, sul tema, la posizione della Cgil: “Da molto tempo portiamo avanti la battaglia sulla regolazione dell’apertura dei negozi, anche perché la totale liberalizzazione ha determinato condizioni di lavoro molto difficili”, ha osservato la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, in una recente trasmissione televisiva.
Come efficacemente sottolineato da un compagno: “Invece di far stridere gli specchi, diciamo con onestà ai contrari che il ‘sempre aperto’ è una comodità che ci piace far pagare agli altri. Una comodità, non una necessità, come trovare assistenza immediata in un pronto soccorso a Capodanno. Una legge di regolamentazione è una norma di civiltà, per i lavoratori, ma anche per un’idea di società e di socialità. Una legge anche educativa”. Registriamo l’insipienza di una “sinistra di governo” che invece di costruire l’opposizione sociale fa copia-incolla dei comunicati dei padroni.